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“Inscenato un finto stupro”. Caso Paganelli, colpo di scena: cosa si scopre

Pubblicato: 06/05/2025 18:00

L’inchiesta sull’omicidio di Pierina Paganelli, la 78enne brutalmente uccisa nel garage del suo condominio a Rimini, sembra essere arrivata a un punto di svolta carico di tensione e mistero. A pochi giorni dalla chiusura delle indagini preliminari, tra gli inquirenti prende corpo un’ipotesi che inquieta: Louis Dassilva, unico indagato per omicidio volontario, potrebbe non aver agito da solo.

Intanto Louis Dassilva, il vicino di casa della vittima e amante di Manuela Bianchi, nuora della signora Pierina, rimane l’unico formalmente accusato di omicidio volontario. Ricoverato in ospedale, le sue condizioni sono in miglioramento e presto potrebbe fare ritorno in carcere. “Non molla, vuole dimostrare di essere innocente”, ha dichiarato l’avvocato Riario Fabbri, che insieme al collega Andrea Guidi lo assiste nella difesa. Un compito reso ogni giorno più complesso dal quadro che si fa via via più stratificato: al momento Manuela Bianchi risulta indagata solo per favoreggiamento, ma gli inquirenti non escludono sviluppi. Dassilva, secondo la sua versione, sarebbe completamente estraneo al delitto. Ma i sospetti a suo carico restano forti, alimentati da incontri segreti, messaggi cancellati e un contesto familiare teso e opaco.

Il sospetto di un complice: “Uno che sapeva come muoversi”

Fonti vicine all’indagine parlano di una scena del crimine manipolata, forse ripulita con cura e alterata per far pensare a un movente sessuale. Un depistaggio, dunque, architettato con precisione, che avrebbe lo scopo di confondere gli investigatori e sviare l’attenzione da moventi più profondi. Qualcuno, in altre parole, potrebbe aver agito nell’ombra, non per uccidere, ma per proteggere.

La voce che rimbalza tra le stanze della procura è di quelle che fanno tremare i dossier: c’è chi uccide, e c’è chi cancella le tracce. Secondo l’ipotesi investigativa, chi è intervenuto dopo il delitto sapeva perfettamente cosa fare. Non un gesto improvvisato, ma un’azione chirurgica, quasi professionale, che avrebbe “sporcato” l’indagine e intorbidito le acque del vero movente. Non è chiaro se si tratti di un vicino, di un familiare o di un esterno coinvolto. Quel che emerge, però, è un dubbio sempre più insistente: chi ha aiutato Dassilva a far sparire prove decisive? E soprattutto, perché? Le domande restano sospese, mentre la figura di un possibile “complice-fantasma” comincia a delinearsi come centrale nella dinamica del delitto.

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Un depistaggio sessuale: mossa studiata o errore d’impulso?

Uno degli elementi che ha destato maggiore attenzione è l’inscenamento di un finto movente sessuale, riporta MowMag. Gli inquirenti stanno analizzando con attenzione i dettagli della scena del crimine, giudicata fin troppo pulita e in alcuni punti “ritoccata”. Gli indumenti della vittima, il modo in cui è stato posizionato il corpo, alcune tracce biologiche: tutto sembra suggerire una messinscena studiata a tavolino.

“Un modo per depistare le indagini, orientandole verso l’aggressione di un malato sessuale piuttosto che su faide interne o dissidi personali”, riferisce una fonte investigativa. E qui entra in gioco l’elemento più agghiacciante: se c’è chi ha ucciso con ferocia, c’è anche chi ha avuto la lucidità di falsificare il contesto subito dopo. Una figura ancora nell’ombra, ma decisiva.

La verità che rischia di sfuggire: chi protegge chi?

Mentre l’indagine si avvicina alla sua conclusione, le autorità si trovano davanti a un bivio: proseguire sulla pista solitaria, con Dassilva unico responsabile, oppure scardinare il castello accusatorio per allargare lo sguardo su una rete più ampia di responsabilità. Chi ha ripulito? Chi ha aiutato? Chi ha saputo e ha taciuto? Le domande si moltiplicano. Perché, come ha sottolineato un magistrato coinvolto nel caso, “in questa storia, la parte più inquietante non è l’assassino. È chi ha coperto l’assassino”. Un complice silenzioso, forse vicino, forse insospettabile. Ma che ha lasciato dietro di sé una scia di omissioni e false piste.

Con la chiusura delle indagini preliminari ormai imminente, gli inquirenti sanno che ogni dettaglio può fare la differenza. E la ricerca della verità diventa una corsa contro il tempo, in un caso dove la giustizia rischia di scontrarsi con l’abilità del silenzio.

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