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Aspettando un “Papa buono”: a chi dobbiamo chiedere: a Dio, ai cardinali o ai retroscenisti?

Pubblicato: 07/05/2025 15:25

Dunque la porta si è chiusa. Fuori tutti. Nessun contatto con l’esterno. Niente chat, niente cellulari. E speriamo che si riapra presto quella porta, con l’Habemus Papam. E non finisca come nel 1271, quando Tebaldo Visconti fu eletto Gregorio X, un po’ per stanchezza un po’ per disperazione. I cardinali elettori erano solo 19, eppure, riuniti a Viterbo, ci misero tre anni per trovare un accordo.

Arriveranno i cardinali ad un “Papa buono”?

Storicamente il Conclave nasce lì, quando i viterbesi, stanchi di rifocillare i principi della Chiesa l’un contro l’altro armati, chiusero le porte e li lasciarono a pane e acqua. Eppure ci vollero ancora mille giorni. La storia della Chiesa è complessa. Erano i tempi delle crociate. L’elezione del Papa era una scelta essenzialmente politica. Si trattava di mettere d’accordo i regni cattolici e le grandi famiglie nobiliari italiane ed europee. Un’altra epoca, lontana e irripetibile. Ma solo fino ad un certo punto, se si vuole dar credito alle analisi e ai retroscena che, dalla morte di Bergoglio, riempiono le pagine dei giornali e i talk televisivi. 

Il toto-Papa si è via via trasformato in politichese. Come fosse la cronaca del congresso di un partito nell’Italia di quarant’anni fa. I “retroscenisti” ci sguazzavano. In questi giorni ci hanno “sguazzato” i vaticanisti e gli “esperti” veri e presunti. Senza avere una notizia che fosse una. E non poteva essere altrimenti. Così il numero dei “papabili” si è allargato e ristretto a fisarmonica. Giorno dopo giorno, sulla base di ipotesi campate per aria. È un gioco inutile, siamo tutti capaci di giocare. Bergoglio era argentino. Dunque il successore non sarà sudamericano. Bergoglio era gesuita, quindi il successore non sarà un gesuita, ma neppure un cardinale proveniente da un ordine qualunque sia, domenicano, francescano, benedettino, cistercense, trappista, agostiniano, somasco, ecc. ecc.

Conclave a fisarmonica in attesa del successore di Bergoglio

Potrebbe essere italiano, perché è troppo tempo che non lo è. Se sarà europeo, non sarà tedesco per via di Ratzinger, e ovviamente non polacco per via di Wojtyla. Magari maltese. Se si ragiona in termini geopolitici, toccherebbe ad un africano a un asiatico. Forse è presto. Ma perché sarebbe presto? Rientrerebbe nella scelta bergogliana di nominare cardinali che rappresentino l’universalità del cattolicesimo. Avrebbe un senso. 

Il toto-Papa si è via via trasformato in politichese

Se si ragiona sulla necessità di aiutare le chiese “deboli” (per numero dei fedeli) potrebbe essere un maronita, un melchita, un siriaco, e via discorrendo. Oppure le chiese con grandi numeri ma sempre a rischio di persecuzione, dunque un nigeriano o un indiano. Ma quale indiano? Mica sono tutti uguali i cattolici indiani. Il cardinale Isaac Baselios Cleemis Thottunkal potrebbe rappresentare l’India, l’Asia, e contestualmente la piccola comunità dei siro-malankaresi.

Il chiacchiericcio (inutile) dietro il Conclave

Il gioco può continuare. Uno statunitense anti Trump. Possibile. Tutto è possibile. Anche che sia scelto un continuatore di Papa Francesco, se si vuole considerare Francesco un progressista. Un progressista, tuttavia, che non ha voluto cancellare la regola del celibato, pur consapevole che riguarda solo i sacerdoti cattolici “latini”, non quelli di rito greco. Un progressista perché papa degli “ultimi”? Ma per i credenti gli “ultimi” non sono solo i poveri delle favelas, delle periferie, i disoccupati, bensì anche i malati, i sofferenti, i bambini, i carcerati, uomini o donne che siano. E poi, siamo sicuri che i 108 cardinali elettori nominati da Bergoglio, larghissima maggioranza nel Conclave, siano un blocco unitario? Si è parlato, nelle cronache vaticane, di almeno quattro correnti bergogliane, e magari sono anche di più.

Dunque? La porta si chiude e tutto questo chiacchiericcio si archivia. Per i credenti tocca allo Spirito Santo illuminare i porporati. Magari ricordando l’auspicio del cardinale 94enne, dunque non elettore, a suo tempo “papabile”, Camillo Ruini: “Serve un Papa buono, per ricostruire l’unità della Chiesa e restituirla ai cattolici”. Per i credenti, in fondo, vale sempre la semplicità del popolino romano: alla fine  “morto un Papa se ne fa un altro”. Che venga dalla fine del mondo o da dietro casa sarà sempre vescovo di Roma, successore di Pietro, vicario di Cristo. Con i retroscena e i curriculum non si fanno i Papi.

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Ultimo Aggiornamento: 07/05/2025 15:34

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