
La nebbia mattutina si alza lenta sul canale, avvolgendo la casa galleggiante con un velo silenzioso. È qui che, nella notte tra il 21 e il 22 aprile, la voce vibrante della giallista tedesca Alexandra Fröhlich si è spenta per sempre. Chi la conosceva immaginava l’inchiostro delle sue storie intrecciarsi con le correnti dell’Elba, ma nessuno avrebbe potuto prevedere un epilogo tanto tragico.
Per sei mesi quel battello era stato il suo rifugio, un’isola di parole sospesa tra le rive di Amburgo. Le indagini, però, hanno trasformato quel rifugio in una scena del crimine: un colpo d’arma da fuoco udibile nell’oscurità alle 1:30, forse un avvertimento, seguito da una colluttazione furiosa interrotta con un oggetto pesante. Solo dopo giorni di silenzio, protetto dalle rigide leggi sulla privacy tedesche, il nome di Alexandra è emerso, donando un volto alla vittima.
Il cerchio degli indizi si è chiuso inesorabilmente attorno a uno dei suoi tre figli. Ventidue anni, lo sguardo smarrito e il silenzio degli interrogatori: è lui l’unico arrestato in un dramma che ha spezzato la quiete di Holzhafenufer. I detective, scandagliando ogni angolo della barca e ricomponendo la frammentata dinamica dello scontro, hanno ricostruito quel momento in cui madre e figlio, avvolti dalla nebbia e da un passato di rapporti tormentati, sono precipitati in una violenza tanto improvvisa quanto definitiva.
Ora la casa galleggiante resta muta testimone di un’indagine che cerca risposte tra le onde. Le pagine che un tempo accoglievano trame avvincenti sono macchiate dal sangue di chi le aveva create. E mentre la giustizia tedesca si prepara a far luce sul filo sottile che lega genitori e figli, Amburgo trattiene il respiro: non più per il fascino della nebbia sull’acqua, ma per il peso di un mistero familiare che ha infranto perfino le correnti del destino.