
Dalla mezzanotte del 9 febbraio alle 23:59 del 4 maggio, il tempo si è fermato: 2.038 ore sospese nell’attesa. Jannik Sinner ha vissuto lontano dai campi per scontare la pena patteggiata con la Wada. Niente tennis, niente adrenalina, niente pubblico. E nemmeno la possibilità di assistere a competizioni sportive dal vivo.
Ma ora il ragazzo di San Candido torna, e torna da numero uno del mondo nonostante lo stop. Ad aspettarlo, il popolo di sinneriani, che ha contato i giorni e ora finalmente può esultare. L’attesa è così grande che ci si chiede se anche un “freddo” (solo in campo però) come Sinner potrà reggerla. Qualcuno ha messo in conto che l’emozione possa pesare il giorno del rientro: lo vedremo. Intanto è stato bello vederlo sereno in conferenza stampa.
Come una rockstar
Da gennaio Sinner ha disputato un solo torneo, ma che torneo: l’Australian Open, uno Slam dominato per il secondo anno consecutivo. Poi il silenzio. Mentre gli avversari sudavano sui campo Sinner stava con la famiglia in attesa di riprendere ad allenarsi. Alcaraz, Zverev, Fritz, il vecchio leone Djokovic battagliavano in giro per il mondo cercando di insidiare il suo numero uno nel ranking Atp: tutto inutile.
Ora il nostro campione arriva a Roma con 9.730 punti, primo della lista, primo nel cuore degli appassionati. Ha il vantaggio di chi può scegliere l’orario che preferisce, ma non ne abusa. Le sessioni serali non gli piacciono, l’umidità stanca gli occhi. Però Jannik non chiede scorciatoie: non è abituato a pretenderle, nemmeno ora che il mondo lo acclama. Ed è una moltitudine quella che lo aspetta al rientro.

La memoria e il sogno
Agli Internazionali d’Italia tutto è apparecchiato per lui: non per opportunismo, ma perché Sinner ormai è come i Beatles. Ovunque vada solleva ondate di entusiasmo, una cosa che si è abituati a vedere per le rockstar e che ora si estende al campione del tennis mondiale. Perché Jannik con la sua forza, la sua semplicità e la naturale educazione che lo caratterizza ha portato nel tennis una “rivoluzione gentile“.
Paolo Lorenzi, direttore degli Internazionali e fugace partner di doppio di Sinner nel 2019, ha in mano la chiave del ritorno del figliol prodigo. Roma non ha mai dimenticato il 1976 di Panatta, l’anno in cui l’Italia vinse la Davis, Steve Jobs fondava Apple e il Concorde solcava il cielo per la prima volta. Era un’altra era, ma il vuoto lasciato da Adriano è rimasto lì, e aspetta di essere riempito.
Ora, dopo cinquanta anni, potrebbe esserci un altro italiano sul trono della Capitale. Jannik lo sa, il tennis italiano aspetta di risentire l’Inno di Mameli echeggiare tra le gradinate del Foro. Lui l’ha già cantato in Davis. Due volte. Ora a Roma il pubblico lo aspetta con trepidazione. Jannik ha detto che non si aspetta niente di particolare, che deve capire come sta dopo lo stop. Ma conoscendolo, ci proverà. E il Foro Italico sarà al suo fianco, fino all’ultimo quindici.