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Niente da fare per Trump, la Fed lascia i tassi invariati

Pubblicato: 07/05/2025 21:12

Donald Trump, presidente degli Stati Uniti, ha sempre avuto un approccio diretto e poco convenzionale nei confronti della politica economica. Le sue dichiarazioni, spesso polarizzanti, riflettono una visione improntata alla difesa degli interessi americani a tutti i costi, con una retorica che punta a risvegliare il senso di orgoglio nazionale. Durante il suo mandato, non ha esitato a intervenire pubblicamente su questioni normalmente riservate agli esperti, tra cui le decisioni della Federal Reserve.

Le sue critiche alla banca centrale hanno spesso sollevato dibattiti accesi. Trump, noto per la sua impazienza verso i processi burocratici, ha più volte sollecitato tassi di interesse più bassi, ritenendoli essenziali per stimolare la crescita economica e consolidare i risultati ottenuti durante la sua presidenza. Questo stile diretto e talvolta conflittuale ha fatto emergere un raro scontro tra politica e istituzioni indipendenti, come nel caso della Fed.

La Federal Reserve ha preso una decisione destinata a segnare un momento cruciale per l’economia americana. Dopo settimane di speculazioni e pressioni politiche, il Federal Open Market Committee (FOMC) ha optato per lasciare invariati i tassi di interesse in una forchetta compresa tra il 4,25% e il 4,50%. Una scelta che non sorprende per la sua prudenza, ma che risuona forte come un segnale di indipendenza da parte della banca centrale, nonostante i ripetuti avvertimenti del presidente Donald Trump al governatore Jerome Powell.

Trump non ha mai nascosto la sua contrarietà a una politica monetaria restrittiva. Più volte ha criticato Powell, accusandolo di soffocare la crescita economica con tassi troppo alti. Ma questa volta, le sue parole sembrano essere cadute nel vuoto. La Fed ha sottolineato come l’incertezza sulle prospettive economiche sia “aumentata ulteriormente”, con i rischi di inflazione e disoccupazione più elevate che continuano a pesare sul futuro.

I dati economici: una crescita solida ma fragile

Nel comunicato ufficiale che accompagna la decisione, la Fed ha cercato di fare chiarezza sullo stato dell’economia. “Sebbene le oscillazioni delle esportazioni nette abbiano influenzato i dati, gli indicatori recenti suggeriscono che l’attività economica ha continuato a espandersi a un ritmo solido”, si legge nel documento. Un tono rassicurante che, tuttavia, lascia trasparire una certa prudenza.

Il mercato del lavoro, uno dei punti di forza dell’economia statunitense, si mantiene solido, con il tasso di disoccupazione stabilizzato a livelli bassi negli ultimi mesi. Ma è l’inflazione il vero nodo da sciogliere. “Rimane leggermente elevata”, ammette la Fed, e questo rende necessario mantenere una politica monetaria che possa rispondere con prontezza ai potenziali sviluppi futuri.

Secondo gli analisti, il FOMC sta cercando un delicato equilibrio tra sostenere la crescita e contenere i rischi di una recessione. Tra questi esperti si distingue la voce critica di Richard Engle, economista di fama internazionale, che ha espresso un giudizio severo sulla situazione attuale. “Incubo recessione negli Usa? È il risultato di scelte folli. Nei prossimi mesi sarà peggio”, ha dichiarato Engle, puntando il dito contro politiche che, a suo dire, avrebbero potuto essere più lungimiranti.

La sfida dei dazi e le tensioni internazionali

Nel frattempo, sul fronte internazionale, la tensione commerciale con la Cina continua a tenere banco. Donald Trump ha escluso categoricamente la possibilità di ridurre i dazi per convincere Pechino a sedersi al tavolo delle trattative. Alla domanda su un eventuale allentamento delle misure tariffarie, il presidente ha risposto con un netto “no”.

Questa posizione rigida si inserisce in un contesto già complicato. I dazi sono uno strumento centrale nella strategia di Trump per riequilibrare il deficit commerciale con la Cina, ma hanno anche contribuito a creare incertezza nei mercati globali. Una strategia che, combinata con le attuali politiche monetarie, potrebbe avere effetti controversi sulla crescita economica.

Un futuro da decifrare

La decisione della Fed di mantenere invariati i tassi è solo una parte di un quadro più ampio e complesso. L’economia americana si trova a un bivio, sospesa tra una crescita solida ma fragile e il rischio di una recessione. La politica monetaria, insieme alle tensioni commerciali, rappresenta una variabile cruciale per il futuro prossimo.

Con un’inflazione ancora sopra i livelli ideali e un mercato del lavoro robusto ma non immune a scossoni, le prossime mosse della Fed saranno osservate con estrema attenzione. Riuscirà la banca centrale a mantenere il difficile equilibrio tra stabilità e crescita? E quale impatto avranno le tensioni internazionali su un’economia già sotto pressione?

Per ora, l’unica certezza è che la strada verso una stabilità duratura appare ancora lunga e piena di ostacoli. Ma se c’è una lezione che questa decisione ci insegna, è che la Fed non ha intenzione di piegarsi alle pressioni, mantenendo saldo il timone in un mare in tempesta.

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