
Un’inchiesta interna si è trasformata rapidamente in un caso giudiziario di enorme risonanza, con implicazioni non solo penali ma anche etiche e culturali. A innescare la miccia, la denuncia coraggiosa di una professionista, che ha portato alla luce presunti comportamenti gravemente lesivi all’interno di un importante contesto ospedaliero.
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Secondo le ricostruzioni, non si tratterebbe di un episodio isolato, ma di una serie di condotte reiterate nell’arco di poche settimane, aggravando ulteriormente il quadro. Le istituzioni regionali hanno reagito con fermezza, sottolineando l’importanza di contrastare alla radice non solo i singoli atti, ma anche le dinamiche culturali che possono averli alimentati.
Arrestato un primario a Piacenza: accuse gravissime
La vicenda ha preso forma nel capoluogo emiliano, dove il presidente della Regione, Michele de Pascale, ha parlato di “un quadro gravissimo all’interno dell’ospedale di Piacenza”. Al centro delle indagini un primario del nosocomio locale, arrestato con accuse pesantissime: violenza sessuale aggravata e atti persecutori ai danni di dottoresse e infermiere. Le intercettazioni condotte dalla squadra mobile avrebbero documentato 32 episodi in soli 45 giorni.
Il governatore ha voluto ringraziare apertamente la Procura e gli investigatori per l’operato, ma anche “il coraggio con il quale la dottoressa ha deciso di denunciare l’accaduto”. La segnalazione, avvenuta tramite la direzione dell’Ausl di Piacenza, ha permesso un tempestivo intervento delle autorità. “Già nella giornata di ieri l’Ausl ha proceduto al licenziamento del primario coinvolto”, ha aggiunto.
“Serve un cambiamento culturale profondo”
Oltre al procedimento giudiziario, è stato avviato un provvedimento disciplinare interno e, su indicazione di de Pascale, saranno eseguite ulteriori verifiche per valutare eventuali comportamenti connessi che meritino attenzione. Per il presidente, non è solo una questione individuale: “È evidente che alla base di simili condotte c’è anche un clima maschilista e patriarcale che dobbiamo aggredire in radice”.
“Un episodio di questa gravità – conclude – ci impone di rafforzare ogni azione di sostegno per chi denuncia, ma anche di non tollerare una cultura nella quale si possa immaginare l’impunità solo per il ruolo ricoperto”.
