
Un dibattito scolastico all’interno del liceo artistico “Munari” di Acerra, tenutosi lo scorso gennaio durante la settimana dello studente, è diventato oggetto di una interrogazione parlamentare promossa dalla Lega. Il deputato Rossano Sasso ha chiesto chiarimenti al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, in merito alla partecipazione dell’attivista e drag queen Priscilla, alter ego di Mariano Gallo, al confronto con studenti tra i 13 e i 17 anni. Al centro della polemica, non solo l’identità dell’ospite, ma anche il fatto che si sia presentato con una kefiah, simbolo del suo impegno pro Palestina.
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L’iniziativa è stata definita «sconcertante» da Fratelli d’Italia, con il coordinatore locale del partito, Vincenzo Riemma, che ha parlato di una presunta penetrazione dell’ideologia woke e dei «deliri del politicamente corretto» nelle scuole italiane. Per alcuni esponenti della maggioranza di governo, l’evento rappresenterebbe un tentativo di indottrinamento ideologico degli studenti.
La posizione dei presidi: «Spazio al confronto, non allo scontro»
In netta contrapposizione rispetto alla critica politica si è schierata l’Associazione nazionale presidi, che ha ribadito l’importanza del confronto democratico all’interno delle scuole. Il presidente romano dell’associazione, Mario Rusconi, ha dichiarato all’Ansa: «La scuola deve restare un luogo di formazione e non un’arena per battaglie politiche. Se si invita un attivista pro Palestina, si può coinvolgere anche un rappresentante israeliano: il confronto arricchisce, lo scontro impoverisce».
Rusconi ha criticato il rischio che la politica cerchi continuamente contenziosi da portare dentro le aule scolastiche, stravolgendo la funzione educativa e pluralista dell’istruzione pubblica. L’obiettivo, secondo l’associazione, deve essere quello di offrire agli studenti una pluralità di voci, lasciando che siano loro a costruirsi un pensiero critico.
Priscilla: «Nessuna propaganda, solo la mia storia»
Al centro della tempesta mediatica, Mariano Gallo si dice tranquillo. Conosciuto come Priscilla, è una delle drag queen più note in Italia, conduttrice della versione italiana di Drag race e attivista queer, transfemminista e pro Palestina. Gallo precisa di non essere stato chiamato per fare una lezione frontale, ma per partecipare a un dibattito organizzato dagli studenti e autorizzato dalla dirigenza scolastica.
«Mi presento con la kefiah perché è parte della mia identità politica — spiega — ma non vado a fare propaganda. Parlo di bullismo, omofobia, porto la mia esperienza personale, quella di un ragazzo bullizzato e di un attivista». Priscilla non è nuova a questo tipo di incontri: ha già partecipato a eventi in università prestigiose come la Federico II e la Bocconi.
Lo scontro politico e le accuse della Lega
Il deputato Sasso, in un post pubblico, ha definito Priscilla un «soggetto senza alcuna competenza» che si permette di fare formazione all’interno delle scuole italiane, accusandola di aver affermato che «spesso quello che si costruisce a scuola viene distrutto a casa dalle famiglie». Secondo l’esponente della Lega, questo è un chiaro segnale di attivismo ideologizzato, sostenuto da docenti di estrema sinistra.
Per Sasso, è urgente l’attuazione del consenso informato, un meccanismo pensato per tutelare la libertà educativa delle famiglie, che consentirebbe ai genitori di essere informati anticipatamente su interventi esterni nelle scuole e di decidere se far partecipare i figli.
Gallo: «Mi aspettavo la polemica, ma continuerò»
«Sapevo che sarebbe scoppiato il caso», ha commentato Gallo sui social, dopo che la vicenda è tornata a far discutere a distanza di tre mesi. In un post su Instagram, ironicamente ha scritto: «E ora chi glielo dice ai trogloditi al governo che sono entrata in un liceo?». Secondo l’attivista, la polemica è una «arma di distrazione di massa» utile a distogliere l’attenzione dalle difficoltà politiche del governo.

Gallo, che ha definito «disumano» il silenzio della presidente del Consiglio su quanto sta accadendo a Gaza, ha ribadito la volontà di continuare a portare il suo messaggio di inclusione e resistenza nelle scuole italiane. «Vorrà dire che andrò in ancora più scuole. Possono presentare tutte le interpellanze che vogliono: più vogliono zittirmi, più continuerò».
Il caso Priscilla-Munari si inserisce in un contesto più ampio di tensione culturale e politica, dove le tematiche LGBTQIA+, i diritti civili e la libertà di espressione nelle scuole tornano al centro dello scontro pubblico. Un episodio che riaccende il dibattito sul ruolo dell’istruzione come spazio aperto, critico e democratico, o come terreno di scontro tra ideologie.