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Altra fumata nera, quando Papa Francesco “spoilerò” tutto sul Conclave: cosa succede davvero lì dentro

Pubblicato: 08/05/2025 12:25

Il Conclave è entrato nel vivo, con i 133 cardinali elettori che hanno già compiuto la prima votazione, che si è conclusa con una fumata nera. A differenza di quanto avvenuto in passato, quest’ultima è arrivata con un notevole ritardo, facendo supporre possibili rallentamenti nelle operazioni di scrutinio o l’eventualità di una scheda contestata. Alcuni vaticanisti hanno parlato di “problemi tecnici” ; altri hanno fatto notare che la meditazione iniziale del cardinale Cantalamessa si è protratta più del previsto. Poco fa, al contrario, con qualche minuto di anticipo, il mondo ha scoperto che anche la seconda fumata è andata a vuoto.

I cardinali elettori riuniti nella Cappella Sistina, lo ricordiamo, provengono da 71 Paesi, segno tangibile dell’universalità della Chiesa cattolica. Di questi, 52 sono europei, 37 americani (16 dagli Stati Uniti, 4 dal Centro America, 17 dall’America del Sud), 23 asiatici, 17 africani e 4 dall’Oceania. Il porporato più giovane, 45 anni, è Mykola Bychok, e arriva dall’Australia, ma è di origine ucraina. Tra i più anziani invece c’è lo spagnolo Carlos Osoro Sierra, 79 anni. I vaticanisti più navigati riferiscono difficoltà nella comunicazione: non tutti i 133 parlerebbero in inglese e conoscerebbero alla perfezione il latino. Il sistema è lo stesso da secoli: i cardinali sono chiusi cum clave«con la chiave», in isolamento assoluto. Nessun telefono, né contatto. L’unico contatto con l’esterno è affidato al fumo. Dettaglio anacronistico, ma affascinante.

Al momento del giuramento, ciascun cardinale, a turno, ha posato la mano sul Vangelo al centro della sala e pronunciato in latino la formula«Spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango», ossia «Prometto, mi obbligo e giuro: così Dio mi aiuti e questi santi evangeli che tocco con la mia mano». Alle 16.30, la formula «Extra omnes», ossia «fuori tutti», che ha dato il via alla clausura. Solo i cardinali elettori sono rimasti all’interno. Tutto il resto del mondo fuori. E lì dentro è cominciato il primo scrutinio. Tutto si svolto nel più stretto riserbo, com’è nella tradizione: i partecipanti, infatti, non possono svelare quanto avviene nella Cappella Sistina. Il Conclave è liturgia, mistero. 

Il solo ad aver potuto raccontare cosa accadde nel Conclave del 2013 è stato proprio Jorge Mario Bergoglio, dopo essere diventato Papa. È in virtù del suo ruolo che ha potuto rompere il silenzio. Lo ha fatto nel libro autobiografico Speraedito da Mondadori, da cui emergono alcuni passaggi illuminanti che oggi tornano d’attualità. È lì che si respira la vera atmosfera del pre-elezione: un misto di consapevolezza e incredulità. Bergoglio, allora, era pronto a ripartire per Buenos Aires. La valigia fatta. Il biglietto aereo per sabato 23 marzo già stampato. Nessuna strategia, nessun entourage. Solo il desiderio di tornare a casa e celebrare la Pasqua. Quando un cardinale gli chiese se fosse pronto ad accettare l’elezione, la risposta fu sfuggente: «Oggi, in questo momento della Chiesa, nessun cardinale può dire di no». Era la replica di chi sente il peso della possibilità, ma anche l’assurdità che si possa essere scelti.

Tra i tavoli, cominciarono a circolare battute. Un cardinale gli chiese se avesse già pronto il discorso per il balcone di San Pietro. Bergoglio rise. E fu allora che Cláudio Hummes, il cardinale brasiliano che più gli era vicino, gli sussurrò: «Non preoccuparti, così fa lo Spirito Santo». Un gesto, una frase, che oggi torna dirompente tra i corridoi del Vaticano. D’altronde, si cerca un nome, ma soprattutto un equilibrio. «Alle 10 del mattino di martedì in San Pietro venne celebrata la Messa pro eligendo Romano Pontifice, che diede inizio ai riti. E nel pomeriggio si tenne la processione che, dalla Cappella Paolina, ci condusse alla Sistina, per il giuramento solenne. A sera il conclave giunse alla sua prima votazione, che di prammatica è più o meno uno scrutinio ‘di cortesia’», ha confidato Papa Francesco nel volume. «Uno vota per l’amico, per una persona che stima… Inizia un meccanismo piuttosto noto e consolidato: quando ci sono diversi candidati forti, chi ancora è indeciso, come lo ero io, dà il suo voto a chi sa che non uscirà. Sono sostanzialmente voti ‘in deposito’, che attendono che la situazione si sviluppi e si dispieghi con più chiarezza. Per questo io avevo dei voti, ma ero ben cosciente che si trattava di voti», ha proseguito il Santo Padre scomparso il 21 aprile scorso. 

Ma fu un altro episodio, accaduto poche ore dopo, a far intuire a Bergoglio che qualcosa stava cambiando: «Finimmo di discorrere, mi alzai per uscire, quando avanzò verso di me un cardinale di lingua spagnola: ‘Eminenza, eminenza!’. Mi dica. ‘Ma a lei manca un polmone?’ mi chiese. E io: ma no, mi hanno tolto il lobo superiore, perché avevo tre cisti. ‘E quando è successo?’ Tanto tempo fa, nel 1957, ho detto. Quel cardinale diventò tutto rosso, disse una parolaccia, strinse i denti e sbottò: ‘Queste manovre dell’ultimo momento!’». Un commento che lasciò il futuro Papa Francesco interdetto«Fu lì che cominciai a capire. Ho capito almeno che c’era il pericolo».

Tuttavia nessun allarme«Sono salito a fare la siesta, la pennichella come dicono a Roma, e ho dormito bene. In pace. Poi, alle 3 e mezza mi sono alzato e sono andato verso la Sistina con il primo bus che era stato predisposto. Sono arrivato tra i primi, e così mi sono messo a chiacchierare con il cardinal Ravasi, il presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura, in attesa che giungessero tutti gli altri. Abbiamo iniziato a parlare del Libro di Giobbe, perché anch’io avevo insegnato i libri sapienziali, e lui ne è un grande esperto, ed eravamo talmente entusiasmati in quei discorsi da non renderci conto del tempo che passava. Tanto che ci hanno dovuto richiamare: ‘Venite dentro, mancate solo voi!’», ha svelato sempre Bergoglio nell’autobiografia, che consideriamo un documento prezioso, proprio perché consente di cogliere al meglio come funziona davvero il Conclave. 

La porta fu chiusa e «il quarto scrutinio ha avuto inizio. Allo spoglio lo scrutatore ha cominciato come sempre a leggere i nomi, scandendone a voce alta ciascuno. Per seguire l’esito delle votazioni ti viene dato un foglio su cui appuntare i numeri, con i nomi di tutti i cardinali, un documento che alla fine deve essere riconsegnato. Che sia bianco o scritto, viene bruciato comunque, ed è col falò di quei fogli e delle schede che si fa la fumata. Ma io non l’ho mai compilato, neanche nel precedente conclave. Pregavo il rosario, tranquillo. È una cosa anche noiosa da seguire lo scrutinio, sembra un canto gregoriano, ma con molta meno armonia. Cominciai a sentire: Bergoglio, Bergoglio, Bergoglio, Bergoglio…».

Il cardinale Cláudio Hummes, brasiliano, era seduto accanto a lui: «Arrivai a 69 voti, credo, e capii. La maggioranza che doveva essere raggiunta era di 77 su 115, i due terzi. Si procedette quindi alla quinta votazione, la seconda di quel pomeriggio. Ma quando si andò al conteggio delle schede, prima di cominciare lo spoglio, venne fuori che ce n’era una in più: era finita sopra un’altra, durante il voto a qualcuno si erano appiccicati due cartoncini. ‘Cosa facciamo?’ ha chiesto Giovanni Battista Re, il prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi. Si rifà. Anche se quella scheda era bianca, bisognava ripetere tutta la procedura. Senza neanche aprirle, si bruciò tutto e si replicò immediatamente la votazione»

Votazione ripetuta. Di nuovo, uno a uno, i cardinali misero la scheda piegata sull’altare. Tutto questo, 115 volte. Fu alla settantasettesima chiamata del suo nome (la soglia esatta per l’elezione) che esplose l’applauso. Lo scrutatore continuava a leggere, ma Bergoglio non ascoltava più. «Il rumore copriva la voce, io pregavo il rosario. Tranquillo». Anche oggi quelle dinamiche si stanno ripetendo. I voti in deposito, gli sguardi, le alleanze silenziose, le preghiere. Nessuno può parlarne, neppure con un cenno. Ogni dettaglio è coperto da un giuramento e da una minaccia: la scomunica latae sententiae.

Solo il Papa, quando sarà, potrà raccontare. Se vorrà. Papa Francesco lo ha fatto. Con un libro, con ironia e verità. E adesso, mentre il mondo intero guarda il comignolo in attesa del bianco, il suo racconto risuona come un controcanto necessario: un piccolo spiraglio umano nel mistero del Conclave. 

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Ultimo Aggiornamento: 08/05/2025 12:38

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