
In un mondo che non ci vuole più (l’umanità, la sostenibilità, la pace) il mio canto libero, sei tu. Così cantava Battisti e così potrebbe essere interpretata la scelta della Chiesa cattolica di Roma riunita in Conclave. Ha scelto uno yankee, un frate teologo agostiniano, seguace del più grande Dottore della Chiesa ed una delle maggiori menti dell’umanità. Un missionario, e poi vescovo, in America Latina, di cui è stato Presidente della apposita commissione pontificia.
Conservatore nella dottrina, ma aperto, per missione apostolica e mentalità, nei temi sociali, tanto da richiamarsi nel nome scelto per il pontificato, Leone all’estensore de “La rerum novarum”, il caposaldo della dottrina sociale della Chiesa. Inoltre il lavoro missionario in una diocesi di uno dei paesi più complessi dell’America Latina lo avranno forgiato sul tema degli ultimi, sui temi dei migranti, sui cambiamenti climatici. I contadini del Perù hanno, con orgoglio e consapevolezza, sfidato con azioni giudiziarie, registrate dagli organismi competenti ONU, le multinazionali della CO2. Su questi argomenti, come si può facilmente visionare dai suoi account social, il Card. Prevost, oggi Leone XIV, la descrive con chiara esposizione, soprattutto sui deportati in catene dell’amministrazione Trump.

Proprio l’amministrazione statunitense, che ieri si è congratulata orgogliosa del primo Papa made in USA, si troverà senza alibi davanti ad un leader mondiale proveniente dalla propria cultura, che sicuramente non potrà essere tacciato di comunismo da teologia della liberazione come Francesco, e che non creerà confusioni sui temi etici, su cui molti cattolici, soprattutto americani, hanno virato per insicurezza verso le destre reazionarie, normalmente evangeliste. Togliendo alibi, recuperando una chiesa confusa e divisa dal modello a stop&go bergogliano, pervaso da molta improvvisazione e poca collegialità, la Chiesa sui temi della pace, da cui il richiamo ad una militanza disarmata e disarmante, sui temi della giustizia sociale, sul quello degli oppressi, diventerà un interlocutore influente con cui fare i conti, sia per Trump che per Putin.
Proprio la serietà di approccio, la sinodalità, la collegialità, sono stati i più forti impulsi usciti dalle congregazioni che hanno portato al Conclave. In un mondo diviso, frazionato, pervaso da tensioni economiche e guerre regionali pericolose, con tanti attori possessori di armi nucleari, che ci sia, nel decadimento di altri organismi internazionali, un faro capace di un linguaggio compatto, omogeneo ed universale, che parli all’uomo e alle nazioni, è assolutamente necessario. Prima che gli egoismi, i nazionalismi, la noncuranza di umanità ci travolga.