
L’elezione del cardinale americano Robert Francis Prevost al Soglio pontificio ha sorpreso molti osservatori. Da oggi sarà ricordato come Papa Leone XIV, e l’annuncio ha scatenato immediate reazioni, sia dentro che fuori le mura vaticane. Non solo per la provenienza geografica del nuovo Pontefice, ma anche per la portata simbolica e politica che questa elezione sembra assumere nel contesto attuale.
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A rompere per prima l’equilibrio della narrazione è stata la prima pagina de il manifesto, che ha scelto come titolo di apertura “La fossa del Leone”. Un gioco di parole che rievoca, in chiave ironica e provocatoria, il tono dissacrante della storica prima pagina titolata “Il pastore tedesco”, scelta dal quotidiano per annunciare l’elezione di Papa Ratzinger nel 2005. Ma se allora il sarcasmo si muoveva sul filo della critica dottrinale, oggi il bersaglio sembra essere molto più politico.
Una nomina letta in chiave americana e progressista
L’elezione di un Papa americano è già di per sé un fatto eccezionale, che rompe gli schemi consolidati della geopolitica vaticana. Ma è soprattutto l’approccio e il linguaggio di Leone XIV ad aver galvanizzato una parte del mondo politico italiano. Il nuovo Pontefice ha parlato fin da subito di “pace disarmata e disarmante”, richiamando la necessità di costruire ponti tra i popoli, in un contesto segnato da conflitti e diseguaglianze.
Parole che hanno trovato immediato consenso nei vertici della sinistra italiana. Dai social di Elly Schlein, segretaria del PD, a quelli di Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, i commenti si sono susseguiti con toni entusiastici. Un Papa che parla di pace, disarmo e diritti? Per alcuni è già diventato un punto di riferimento, se non un alleato. Eppure questa proiezione politica della figura papale solleva interrogativi su come venga oggi strumentalizzata la religione anche in ambito laico.

Il Vaticano e la Casa Bianca: scontro in vista?
Sempre il manifesto ha sottolineato che l’elezione di Leone XIV rappresenterebbe “una mossa politica” che si preannuncia come battaglia sullo stesso terreno di figure come Donald Trump e J.D. Vance. L’auspicio implicito? Un conflitto ideologico tra il nuovo Papa e la destra americana. Un auspicio che lascia trasparire una certa aspettativa militante anche nei confronti della Santa Sede. Ma davvero il Pontificato può (e deve) trasformarsi in uno strumento di contrapposizione politica su scala globale?
L’elezione di un Papa ha sempre avuto conseguenze politiche, ma ridurla a una contrapposizione ideologica rischia di semplificare e distorcere il messaggio evangelico che un Pontefice è chiamato a portare avanti. E nel tentativo di incasellare ogni gesto sotto una lettura partigiana, si perde di vista la dimensione spirituale e universale del ministero petrino.
La storia del nome Leone tra ideali e realtà
Non è un caso che Prevost abbia scelto il nome di Leone XIV. E proprio su questo punto, il confronto storico si fa interessante. Il primo Papa Leone, Leone Magno, visse nel V secolo, in un’epoca segnata dalla disgregazione dell’Impero romano d’Occidente. Una scelta che sembra evocare il bisogno di tenere insieme un mondo che si sfalda, un ruolo di mediazione in tempi difficili. Tuttavia, la storia più recente dice altro.
L’ultimo Papa Leone fu Leone XIII, autore della celebre enciclica Rerum Novarum, che tracciava una nuova via per il ruolo della Chiesa nel mondo moderno, ma non certo in chiave progressista. Anzi, Leone XIII fu un forte oppositore del socialismo, considerato incompatibile con la dottrina cattolica. E fu proprio in quell’enciclica che riaffermò l’importanza della proprietà privata e del rispetto dell’ordine sociale, smarcandosi nettamente dalle teorie marxiste in ascesa nell’Europa dell’Ottocento.
Una distanza storica e culturale che oggi viene spesso ignorata o manipolata. L’entusiasmo di certa sinistra per Leone XIV sembra voler dimenticare che il nome scelto porta con sé una tradizione di fermezza dottrinale, non certo una bandiera ideologica da issare sul campo di battaglia politica.
Un Pontificato da interpretare senza schemi precostituiti
È ancora troppo presto per capire quale sarà l’impronta reale del nuovo Papa. Ma l’ansia di affiliazione politica rischia di forzare letture che non appartengono alla missione della Chiesa. In un tempo in cui ogni gesto pubblico viene trasformato in posizione ideologica, anche il Papa viene visto non più come guida spirituale ma come attore politico.
Eppure, forse, Leone XIV sta solo provando a essere un Pontefice fedele alla sua epoca, parlando con il linguaggio dei popoli e cercando soluzioni in un mondo sempre più diviso. Che ci riesca o meno, sarà la storia – e non i titoli di partito – a giudicarlo.