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Papa Leone XIV, l’unità inaspettata: il Conclave si inchina al “pontefice dei ponti”

Pubblicato: 10/05/2025 06:58

CITTÀ DEL VATICANO – «Un gran movimento avvenuto il secondo giorno… non poteva che essere la grazia di Dio»: con queste parole il cardinale Robert McElroy ha descritto ciò che molti, nella Cappella Sistina, hanno vissuto come un momento di rara intensità spirituale. A sorpresa, l’elezione del nuovo Pontefice si è consumata in appena quattro scrutini, un consenso tanto rapido quanto diffuso che ha sorpreso perfino alcuni degli stessi cardinali.

Secondo Reinhard Marx «si è sentito lo spirito di unità». E il francese Jean-Paul Vesco, parlando con emozione, ha definito quel processo «misterioso, perché all’inizio non si sa chi è, e poi, d’improvviso, è chiaro che era lui». Solo 15 minuti prima era ancora “uno dei tanti”, e poi ecco: vestito di bianco, è il Papa. Il nuovo Pontefice, Robert Francis Prevost, ora Leone XIV, ha conquistato – secondo diverse fonti – oltre 100 voti su 133 in meno di 24 ore, con una forza d’urto paragonata a una slavina.

Dai bergogliani USA alla Curia: così si è formato il blocco vincente

Il giorno dopo l’elezione, a riflettori spenti, prende forma il retroscena di un voto unanime. Il cardinale Vesco parla di «unanimità» e di un Collegio cardinalizio che ora è «compattamente con lui». Il blocco determinante sarebbe stato quello dei cardinali statunitensi vicini al pensiero di Francesco, guidati da Joseph Tobin, vecchio amico di Prevost: «Dopo il voto, ho guardato Bob – ha raccontato – e lui si teneva la testa tra le mani. Ho pregato per lui».

Tobin non ha dubbi: «È stato come se Dio avesse chiarito qualcosa e lui avesse semplicemente detto sì». Accanto a lui, anche Blaise Cupich, cardinale di Chicago, ha sottolineato la miracolosa compattezza raggiunta in un tempo tanto breve: «Oltre 133 persone, culture, lingue… eppure siamo diventati uno». Con la voce rotta, Wilton Gregory ha promesso al nuovo Papa «rispetto, fedeltà e amore».

America Latina, Asia, Europa: la slavina di voti su Leone XIV

L’appoggio al Papa americano si è poi allargato velocemente. I 21 cardinali dell’America Latina, guidati dal peruviano Carlos Castillo Mattasoglio, si sarebbero mossi in blocco. Presto sarebbero arrivati voti anche da Asia ed Europa. Secondo Reinhard Marx, è stato «un momento molto positivo per la Chiesa». Tra gli “altri papabili” che si sarebbero accodati a Prevost figurano Jean-Marc Aveline, Matteo Zuppi, ma soprattutto Pietro Parolin.

Paradossalmente, proprio Parolin, inizialmente favorito, avrebbe giocato un ruolo decisivo sostenendo Prevost e “girando” i propri voti. Una scelta frutto della lunga collaborazione tra i due, maturata negli anni romani. Non è un caso che a colpire molti sia stata la figura del nuovo Pontefice come uomo di governo, ma al tempo stesso non troppo identificato con la Curia.

Un Papa “estraneo al sistema” ma esperto: così ha conquistato tutti

Lo ha detto chiaramente il cardinale Vincent Nichols: Prevost ha «conoscenza della Curia, ma senza esserne prigioniero». Ex superiore degli agostiniani, poi vescovo in Perù per vent’anni, ha attraversato continenti e culture, incarnando il volto di una Chiesa plurale. In fondo, Leone XIV è riuscito in un’impresa rara: intercettare mondi contrapposti, unire anime diverse, portare a sintesi un tempo che sembrava irriducibile a unità.

Lo ha notato anche il cardinale Timothy Dolan: inizialmente favorevole al cardinale Erdo, ora si dice convinto che il nuovo Papa «costruirà ponti, forse anche con Donald Trump». Poi scherza: «Mio nipote di 12 anni mi ha scritto: siamo contenti che non sei diventato Papa così torni a casa. Lo sono anch’io». E tra una risata e un ricordo, ammette che anche il cibo di Santa Marta ha aiutato a concludere in fretta: «Un ottimo, ottimo stimolo».

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