
KIEV – Una capitale blindata, percorsa da mezzi militari e silenzi istituzionali, ha accolto questa mattina poco dopo le 7 i leader della cosiddetta coalizione dei Volenterosi. Una definizione che il presidente Volodymyr Zelensky ha pronunciato con cura, senza elencare i nomi, per ragioni di sicurezza. Presenti Macron, Starmer, Merz e Tusk , mentre non c’è Giorgia Meloni.
La premier italiana non è nella foto di famiglia che, con ogni probabilità, sancirà la nascita di un nuovo asse europeo attorno alla crisi ucraina. Dopo riflessioni durate ore, Palazzo Chigi ha diffuso una nota serale: Meloni parteciperà in videocollegamento. Una scelta che non sorprende del tutto, ma che apre interrogativi sulla posizione dell’Italia in uno dei momenti più delicati del conflitto. Tusk, Starmer, Zelensky, Macron e Merz hanno reso omaggio alle vittime di guerra presso il Memoriale dei Caduti in Piazza dell’Indipendenza a Kiev prima dell’incontro dei leader europei nella capitale ucraina per sollecitare la Russia a concordare un cessate il fuoco.
Together. 🇺🇦🇫🇷🇩🇪🇬🇧🇵🇱 pic.twitter.com/m0QLtrNeac
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) May 10, 2025
Macron: “Colloqui diretti Kiev-Mosca”
Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto “colloqui diretti” tra Ucraina e Russia come parte del cessate il fuoco di 30 giorni richiesto a Mosca da europei e americani con Kiev. In caso di tregua, “avvieremo colloqui diretti tra Ucraina e Russia. Siamo pronti ad aiutare”, ha dichiarato il capo dell’Eliseo in un’intervista rilasciata alle emittenti francesi Tf1 e Lci mentre si recava in treno a Kiev. Se Mosca non accetterà il cessate il fuoco, “ci saranno ulteriori sanzioni (…) molto più dure”, ha avvertito.
L’Europa riunita per la tregua. E lancia un segnale a Mosca
Il viaggio a Kiev ha un obiettivo centrale: dare forza al cessate il fuoco di 30 giorni, già negoziato tra Trump e Zelensky, ma ancora fragile. Emmanuel Macron lo ha detto chiaramente: «Chi lo tradirà, subirà sanzioni durissime». Un avvertimento rivolto a Mosca, ma anche un tentativo di rilanciare il protagonismo europeo, rimasto in ombra durante i primi mesi della nuova presidenza americana.
Il Cremlino, dal canto suo, aveva concesso un primo stop di tre giorni. Ora l’Occidente vuole stabilizzare quella tregua temporanea, trasformandola in una pausa vera, utile per esplorare un possibile percorso negoziale. Il tentativo è ambizioso: costruire un fronte transatlantico compatto, dove Ucraina, USA ed Europa parlino con una sola voce.
Parallelamente, da Leopoli, è arrivata un’altra spinta simbolica e politica. I ministri degli Esteri dei Paesi Ue hanno deciso di istituire un tribunale internazionale all’Aia per giudicare il crimine di aggressione contro l’Ucraina — richiesta cruciale per Zelensky, ma finora congelata per non urtare i fragili equilibri diplomatici. Inoltre, è stato sbloccato un miliardo di euro da fondi russi congelati, destinati all’acquisto di armi per Kiev. A firmare ci sono Italia, Francia, Danimarca e la presidenza europea.
Meloni si sfila dalla foto, e resta fuori dall’asse Macron-Merz

La premier italiana resta in campo, ma ai margini. Nei fatti, Meloni ha da settimane ritirato i propri emissari dalle riunioni operative della coalizione anglo-francese, a Londra e Parigi. Non ci sono più rappresentanti della Difesa o della Farnesina seduti a quei tavoli. Una mossa che oggi si traduce in assenza visibile, mentre la nuova leadership europea prende forma.
Il presidente francese Macron e il premier britannico Starmer hanno trovato una sintonia evidente. A loro si è aggiunto il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che ieri ha sorpreso tutti dichiarando: «Nutro grandi speranze che si giunga a un accordo per un cessate il fuoco in Ucraina questo fine settimana». La Polonia di Tusk chiude il cerchio. La foto di oggi, se confermata, sancirà la nascita di un quartetto di testa europeo.
Meloni, invece, cerca di tessere una relazione bilaterale con Berlino, nella speranza di frenare lo strapotere dell’Eliseo. Ieri ha parlato ancora con Merz, lodando il “partenariato strategico”. Ma l’impressione è che la Germania si stia già riavvicinando alla Francia, pronta a rispolverare il vecchio asse fondatore dell’Unione.
Il rischio per Meloni è duplice: restare isolata in Europa e apparire troppo allineata a Trump, proprio mentre gli americani — almeno nella forma — tornano a dialogare con Bruxelles. La premier italiana, al momento, sembra fuori dall’asse che conta.
Kiev teme nuovi attacchi. Gli Usa: “Possibile offensiva imminente”

Sul terreno, però, l’ottimismo diplomatico si scontra con l’angoscia quotidiana degli ucraini. Nelle stesse ore in cui Zelensky parlava di “Volenterosi”, l’ambasciata americana a Kiev ha diffuso un allarme sicurezza: «Abbiamo ricevuto informazioni su un possibile significativo attacco aereo nei prossimi giorni». Il messaggio raccomanda di raggiungere subito un rifugio in caso di allerta.
Torna lo spettro del super missile russo Oreshnik, evocato di recente dai canali filorussi. Un’arma che ha già alimentato terrore e disinformazione, e che oggi riemerge come simbolo della minaccia.
Anche tra i diplomatici europei, serpeggia il sospetto che Mosca rifiuterà la tregua. Secondo il politologo ucraino Ruslan Bortnik, «probabilmente porranno nuove condizioni, come pretesto per non accettare». L’ennesimo gioco al rimando, utile per guadagnare tempo sul fronte.
Nel frattempo, a Kiev, si consuma anche una battaglia di simboli. E tra quei simboli, oggi, mancherà l’Italia. La voce ci sarà, certo. Ma l’immagine no. E in politica estera, a volte, contano più i silenzi di una presenza.