
Quando è entrata al pronto soccorso, sabato pomeriggio, non ha dovuto dire nulla. I lividi parlavano per lei. Il volto tumefatto, lo sguardo basso, un filo di voce appena. I medici dell’ospedale Carlo Urbani di Jesi l’hanno accolta con urgenza: aveva bisogno di cure, ma anche di protezione. Era incinta, giovane — appena vent’anni — e stava scappando da qualcosa che in realtà l’aveva già raggiunta. Il dolore che portava addosso non era solo fisico.
Mentre in reparto si capiva che non si trattava di una semplice caduta, è scattato l’allarme. La macchina dell’intervento si è mossa rapida: attivato il codice rosso per violenza domestica, i carabinieri sono stati immediatamente inviati all’indirizzo della donna. Sapevano che ogni minuto poteva fare la differenza.
Lui ha provato a scappare. Ma il destino ha voltato le spalle anche a lui
Dall’altra parte della città, in un’abitazione silenziosa e chiusa, l’uomo — suo marito, venticinque anni, straniero — non si aspettava un arrivo così rapido. Quando ha visto le divise, non ha parlato. Ha solo agito. Ha cercato una via di fuga, una qualsiasi, come se bastasse correre per cancellare la violenza appena compiuta. Ma mentre tentava di scavalcare un alto cancello, ha perso l’equilibrio.
Il corpo ha ceduto, la caduta è stata rovinosa: cinque metri nel vuoto, poi l’impatto, il dolore, il sangue. Non è riuscito a rialzarsi. I carabinieri l’hanno trovato a terra, stordito, con un trauma cranico e sospette fratture multiple. Anche per lui, a quel punto, è scattato il codice rosso.
Ora è ricoverato in gravi condizioni. La donna è salva
Il giovane è stato stabilizzato dal personale del 118 e trasportato d’urgenza in ospedale. Le sue condizioni sono gravi, ma non sarebbe in pericolo di vita. Sulla vicenda ora indaga la Procura. L’accusa potrebbe essere pesante: violenza aggravata nei confronti della compagna in stato di gravidanza, oltre alla resistenza a pubblico ufficiale.
La ragazza invece è stata medicata e dimessa. È al sicuro, per ora. Ma il futuro resta incerto: dietro quella porta chiusa, in quell’appartamento in cui ha vissuto la paura, qualcosa si è spezzato. E la giustizia dovrà ora farsi carico di un’altra ferita: quella invisibile, che non si legge sul volto, ma che pesa come un macigno su ogni respiro.