
In una città dal passato complesso e dalle mille contraddizioni, se ne va una figura che ha segnato un’intera stagione politica con toni fuori dagli schemi. A Taranto, l’eredità lasciata da chi ha saputo catalizzare consenso e polemiche resta ancora materia viva, anche a distanza di anni dal suo ritiro dalla scena pubblica.
Giancarlo Cito, personaggio controverso e noto per lo stile diretto e senza filtri, ha rappresentato un’anomalia nel panorama politico italiano degli anni Novanta. Con un linguaggio tagliente e l’uso strategico della televisione locale, è riuscito a entrare nelle case e nei consensi di molti cittadini tarantini, fino a ricoprire ruoli di primo piano a livello locale e nazionale.
Addio a Giancarlo Cito, ex sindaco e parlamentare
Si è spento a 79 anni Giancarlo Cito, che fu sindaco di Taranto dal dicembre 1993 al febbraio 1996, e in seguito deputato dal 1996 al 2001. La sua carriera politica prese slancio grazie alla tv privata Antenna Taranto 6, da lui fondata, diventata nel tempo uno strumento fondamentale della sua comunicazione politica. Legato alla Lega d’Azione Meridionale, partito da lui creato, fu anche per un periodo presidente onorario del Taranto calcio.
Il suo nome è tornato alla ribalta in queste settimane, non per sue iniziative, ma perché il figlio Mario Cito è in corsa per diventare sindaco della città nelle prossime elezioni amministrative.
Nel 1993, alle comunali, ottenne il 32% al primo turno, conquistando poi la poltrona di primo cittadino con il 53% dei voti al ballottaggio, superando il rivale Gaetano Minervini. Tre anni dopo, nel 1996, entrò in Parlamento con oltre 33.000 preferenze, pari al 45,9%, un risultato significativo.
Il percorso politico di Cito si interruppe però bruscamente a causa di vicende giudiziarie. Il 9 dicembre 1997 fu condannato a 4 anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, mentre fu assolto dall’accusa di concorso in omicidio. La sentenza fu confermata in Cassazione nel 2002. Dopo un periodo in carcere, ottenne la semilibertà e successivamente l’affidamento ai servizi sociali per altre condanne sopraggiunte nel tempo.
Negli ultimi anni aveva scelto il silenzio e l’isolamento dalla vita politica attiva, ma il suo nome resta legato a una fase intensa e controversa della storia recente di Taranto.