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Zelensky propone un incontro con Putin: la guerra d’Europa verso la svolta

Pubblicato: 11/05/2025 19:41

Una frase breve, glaciale, come se fosse normale. Ma non lo è. Volodymyr Zelensky ha appena pronunciato le parole più inattese dall’inizio del conflitto: “Incontrerò Putin in Turchia giovedì.” Nessuna premessa, nessun vertice annunciato, nessuna mediazione esplicita. Solo una bomba diplomatica, scagliata in diretta, che in pochi secondi ha fatto saltare le agenzie, bloccato le dirette e trasformato il silenzio della diplomazia in un’esplosione globale.

Un incontro diretto tra i due leader non avviene dal 2022, quando l’invasione russa su vasta scala fece crollare ogni possibilità di dialogo. Ora, quasi due anni e mezzo dopo, la scena si riapre all’improvviso. E la tensione diventa storia.

Un annuncio che spacca il fronte dell’attesa

Zelensky ha accompagnato l’annuncio con un messaggio tagliente: “Attendiamo un cessate il fuoco completo e duraturo, a partire da domani, per fornire la base necessaria alla diplomazia. Non ha senso prolungare le uccisioni. E giovedì aspetterò Putin in Turchia. Personalmente. Spero che questa volta i russi non cerchino scuse.” Parole che ribaltano i ruoli, sfidano Mosca, mettono il Cremlino con le spalle al muro. Se Putin non si presenta, sarà lui a doverne spiegare il motivo.

Da Crimea a Istanbul: undici anni di guerra

Per comprendere il peso di questo possibile incontro bisogna tornare al 2014. La crisi comincia con l’annessione della Crimea, realizzata da truppe russe senza insegne. Il referendum, dichiarato illegale dall’Ucraina e dalla comunità internazionale, segna l’inizio della frattura geopolitica più grave in Europa dalla fine della Guerra Fredda.

Subito dopo, si accende la guerra del Donbass, con la nascita delle repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk. Kiev combatte, Mosca finanzia e arma i separatisti. I Protocolli di Minsk falliscono, mentre l’Europa tenta — invano — di mantenere aperti i canali diplomatici. Il conflitto resta circoscritto, ma mai risolto.

La grande invasione e la risposta europea

Il 24 febbraio 2022 segna la svolta. La Russia invade l’Ucraina su tre fronti. Kyiv viene bombardata, ma resiste. Zelensky non lascia il Paese, diventa un simbolo globale. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea si schierano apertamente, fornendo armi, intelligence, fondi, supporto logistico. La guerra si trasforma in un conflitto a bassa intensità ma ad altissimo impatto strategico.

L’Europa cambia pelle. Taglia il gas russo, riorienta le sue forniture energetiche, impone sanzioni senza precedenti e dà all’Ucraina lo status di Paese candidato all’adesione. Nasce un’inedita consapevolezza: la sicurezza europea si gioca a Est.

La Turchia torna al centro

L’idea di riprendere i negoziati è arrivata dal Cremlino, attraverso canali turchi. Ankara si è offerta di ospitare il faccia a faccia, come già aveva fatto nel 2022 durante i tentativi falliti di mediazione. Zelensky aveva sempre detto no, almeno fino a quando le armi non avessero taciuto. Ora, qualcosa è cambiato. Forse la pressione della guerra. Forse la necessità di spostare l’iniziativa politica.

Washington osserva senza esporsi. L’Europa sostiene, ma con cautela. Nessuno sa se Putin si presenterà davvero. Ma tutti sanno che, se lo farà, sarà un evento epocale.

Cosa c’è in gioco

Non ci sono dettagli su eventuali bozze d’accordo. Zelensky ha parlato di cessate il fuoco immediato, come condizione per qualsiasi trattativa. Putin finora ha sempre rifiutato di discutere prima del riconoscimento delle annessioni territoriali. Le posizioni restano distanti. Ma anche solo la possibilità di un incontro riapre lo scenario della politica.

Le trincee sono ancora armate. I morti non si fermano. Ma giovedì il mondo guarderà Istanbul. Dove, per la prima volta da mesi, la storia potrebbe tornare a passare da una stanza — e non da un campo minato.

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Ultimo Aggiornamento: 11/05/2025 19:54

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