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“Aveva già ucciso”. Chamila uccisa da De Maria, la terribile scoperta dopo l’omicidio

Pubblicato: 12/05/2025 14:14

Un pomeriggio di pioggia, due ombrelli aperti e una passeggiata che non avrebbero lasciato presagire l’orrore di lì a poche ore. Il video girato venerdì nel tardo pomeriggio al Parco Nord di Milano ritrae infatti Chamila Wijesuriya, 50 anni, e il collega Emanuele De Maria, 35, camminare fianco a fianco tra gli alberi bagnati, ignari che quell’ultima scena di quotidianità stesse per trasformarsi in un incubo.

Chamila, italiana di origine cingalese, scompare dopo il lavoro all’Hotel Berna, ma del suo destino nessuno immagina ancora nulla. Solo quando il marito scopre il cellulare della moglie abbandonato in un cestino alla fermata Bignami, scatta l’allarme: il telefono viene ritrovato venerdì stesso da un addetto Atm, ma della donna non c’è traccia. La svolta arriva sabato mattina, quando i carabinieri, avvertiti da una segnalazione, la rinvengono senza vita in un’area appartata del Parco Nord: due profonde ferite alla gola e altri tagli ai polsi, incompatibili con una morte accidentale.

La testimonianza del collega aggredito

Hani Nasra, il collega rimasto ferito nell’aggressione, ha già raccontato agli inquirenti quanto accaduto. Durante l’interrogatorio, l’uomo ha dichiarato di aver avvertito la donna dei precedenti penali del 35enne. “Le avevo consigliato di chiudere quella relazione” ha spiegato Nasra, ricordando come l’uomo fosse stato condannato in via definitiva per aver ucciso a coltellate una donna nel 2016.

Non è ancora stata stabilita la data delle autopsie, ma i primi rilievi compiuti dal medico legale al Parco Nord di Milano rivelano un quadro drammatico. Sul corpo di Chamila Wijesuriya, la donna di 50 anni scomparsa dopo essersi allontanata dall’hotel Berna insieme a Emanuele De Maria, sarebbero state trovate due profonde ferite alla gola e tagli simili sui polsi.

Chamila Wijesuriya, di origine srilankese, lavorava nello stesso albergo del 35enne, che si trovava fuori dal carcere di Bollate grazie a un permesso. Le ultime riprese disponibili, catturate da una telecamera di sorveglianza, mostrano i due insieme nel parco.

Una tragedia che si poteva evitare

«La morte di Chamila si poteva evitare». La vicenda di Emanuele De Maria, condannato per femminicidio che usciva dal carcere per andare a lavorare in hotel, ha fatto esplodere scoppiare una nuova polemica. E il suo caso è adesso al vaglio del ministero della Giustizia.

«Si sarebbe potuta evitare una seconda vittima se a prevalere non ci fosse stato il principio di offrire il permesso di lavoro (o qualsiasi altro beneficio di pena) a tutti e ‘a tutti i costi’ come a chi è stato già condannato per aver sgozzato, una decina di anni fa, a Castelvolturno, una giovanissima tunisina», ha infatti spiegato Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria che aggiunge: «Non esiste solo la rieducazione della pena da ‘garantire a tutti’ ma anche e soprattutto la funzione restitutiva per vittime e familiari, altrimenti sarebbe troppo facile con un semplice e formale pentimento ottenere benefici di pena».

Il secondo omicidio: il collega ucciso

Mentre la Procura registra il decesso come omicidio, nelle successive ore emerge un secondo, terribile capitolo: sabato all’alba, De Maria — detenuto in permesso di lavoro esterno dal carcere di Bollate, dove scontava la pena per un omicidio commesso nel 2016 in provincia di Caserta — accoltella cinque volte un altro collega, il barista 30enne egiziano Hani Nasr. Hani, dopo delicati interventi chirurgici, sopravvive e ora è ricoverato in condizioni stabili. Ben presto gli inquirenti collegano il ferimento alla scomparsa di Chamila e all’evasione di De Maria, dà inizio a una caccia all’uomo durata due giorni.

Si erano conosciuti così

Emanuele De Maria, il detenuto di Bollate che sabato ha accoltellato un collega per poi suicidarsi gettandosi dal Duomo di Milano, e Chamila Wijesuriyauna, altra sua collega ritrovata senza vita al Parco Nord, si erano conosciuti all’hotel Berna, un quattro stelle in via Napo Torriani vicino alla stazione Centrale. Lui era lì come lavoratore esterno in base all’articolo 21 dell’Ordinamento Penitenziario, lei come barista da molti anni. Il marito di Chamila, quando aveva saputo dell’arrivo di quest’uomo, aveva provato ad avvisare la moglie: “Stai attenta, ha già ucciso una donna”. 

La chiamata alla madre

Nel corso delle indagini, viene infatti ricostruito come De Maria, dopo aver lasciato il carcere nel pomeriggio di venerdì, abbia incontrato Chamila — si ipotizza una relazione sentimentale tra i due — per poi allontanarsi da solo, immortalato dalle telecamere di sorveglianza alla fermata Bignami. Nella notte, usando il telefonino della donna, chiama la madre confessando in lacrime: “Ho fatto una cavolata, perdonami”, poi sparisce ogni contatto. Sabato mattina arriva l’aggressione a Hani e la fuga di De Maria si prolunga fino a domenica pomeriggio, quando l’uomo compra un biglietto per le terrazze del Duomo di Milano ed è lì che si toglie la vita, gettandosi nel vuoto.

Restano da chiarire i motivi di questa improvvisa spirale di violenza. Gli investigatori lavorano sulle tracce di un possibile movente di gelosia: Chamila e Hani, entrambi colleghi di De Maria, avrebbero potuto rappresentare per lui motivo di risentimento o sospetto. Ma è soprattutto il legame con la donna — confermato dalle camminate accelerate e dallo scambio di messaggi preliminari — a essere al centro delle accuse contro un uomo che ha tradito la fiducia di un sistema carcerario che lo aveva ammesso al lavoro esterno per buona condotta.

Oggi, mentre Milano cerca di riprendere il suo ritmo, gli inquirenti dell’Arma e della Procura di Milano proseguono l’esame delle immagini, delle chiamate e dei tabulati telefonici per ricostruire ogni istante di quel tragico fine settimana. Sullo sfondo restano due vittime — Chamila e De Maria — un ferito e il mistero di un rapporto che, forse, è esploso in un ultimo, drammatico epilogo in mezzo al parco.

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Ultimo Aggiornamento: 12/05/2025 16:03

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