
“Chi canta prega due volte”, diceva Sant’Agostino. E il nuovo Papa sembra aver preso alla lettera questa massima. Ieri, a mezzogiorno, davanti a una Piazza San Pietro gremita e commossa, Leone XIV ha intonato di persona il Regina Caeliaffacciandosi dalla Loggia delle Benedizioni. Nessun tentennamento, nessuna esitazione: la voce sicura, sorprendentemente intonata, e soprattutto un coinvolgimento emotivo che ha conquistato le oltre 100 mila persone presenti, trasformando quel momento in un’unica, poderosa preghiera corale. Un gesto solenne, carico di significato.
A pochi giorni dall’elezione, il nuovo Pontefice ha già trovato il suo timbro – anche musicale. Rispetto alla sua prima apparizione da neo-Papa, quando era sembrato quasi sopraffatto dall’emozione, stavolta Leone XIV è apparso pienamente nel ruolo: più saldo, più a fuoco, più padrone della scena. E, dettaglio non da poco, pronto a usare anche simboli forti, quasi teatrali, per comunicare la sua visione del pontificato.
Nel frattempo, in attesa che vengano ultimati i lavori nell’appartamento papale – chiuso da dodici anni – ha scelto di restare provvisoriamente nel Palazzo di Propaganda Fide. Ma ha già annunciato che, una volta finiti i restauri, tornerà a vivere nei locali tradizionali del Vaticano, là dove nessun Papa metteva piede dai tempi di Benedetto XVI. Una scelta che profuma di tradizione, ma senza il retrogusto di una restaurazione nostalgica. A differenza di Papa Francesco, che aveva considerato l’appartamento “troppo sontuoso” e aveva preferito la sobrietà di Casa Santa Marta, Prevost sembra voler rilanciare l’idea di una Chiesa ordinata, visibile, solenne sì, ma vicina alla gente. Una Chiesa che non rinuncia al linguaggio dei gesti.

E parlando di stile, Leone XIV, al secolo Robert Prevost, qualche segnale l’ha già lanciato. Ha scelto di non rinunciare alla mozzetta rossa, alla stola dorata, né alla cotta di pizzo. Ma sotto la talare bianca, si nasconde un dettaglio tutto suo: camicia con gemelli, in pieno stile gentleman ecclesiastico. Eleganza sobria, classica, ma senza ostentazioni. Il tutto compensato da scarpe nere comode, niente mocassini rossi, e soprattutto dalla rinuncia al crocifisso d’oro – dono personale degli Agostiniani – in favore di uno d’argento. Una scelta meditata, fatta per non creare simbolici favoritismi. Perché questo Papa vuole essere il padre di tutti. Senza etichette. Senza bandiere.
Chi lo ha conosciuto da missionario, lo descrive come un uomo semplice, diretto, capace di una risata spontanea e di una battuta al momento giusto. E qualcosa di quel carattere è emerso chiaramente nel suo blitz a Genazzano, dove un tifoso romanista lo ha riconosciuto e gli ha urlato “Forza Roma!”. Il Papa ha riso, di cuore. Un momento autentico, da fiction quasi. Si intravedono in lui tratti del sorriso di Francesco, il rigore dottrinale di Ratzinger, e persino una vena da Wojtyła quando tuona contro la guerra. Dettagli, sì. Ma rivelatori.

Alla sua prima uscita pubblica dopo l’elezione ha usato una berlina Volkswagen con la targa SCV1, la storica. E per la gita fuori porta a Genazzano? Un pulmino nero con i vetri oscurati, condiviso con amici e familiari. Una scelta semplice, quasi casalinga. E se qualcuno cercava una replica al celebre “Il carnevale è finito” con cui Francesco aveva messo da parte i paramenti tradizionali, eccola: Leone XIV li ha accolti tutti. Senza ostentazione, ma con rispetto per la liturgia. È già chiaro: questo pontificato si muoverà tra radici profonde e nuovi orizzonti. Un equilibrio sottile tra la tradizione e il presente, sulle spalle dei giganti – Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco – ma con un’impronta personale, inconfondibile.
Lo si è percepito anche nella riflessione finale pronunciata davanti alla folla di San Pietro: “Mai più la guerra”. Parole che evocano Paolo VI. Un’eredità impegnativa. Ma Leone XIV sembra pronto ad assumerla. Con la voce intonata. E il passo deciso.