
Matteo Renzi non ci gira intorno: “Astenersi al referendum è del tutto legittimo”. In un’intervista rilasciata alla Stampa, il leader di Italia Viva lancia strali contro la Cgil, Elly Schlein e la sinistra che, a suo dire, si accanisce contro il passato anziché combattere l’attuale governo.
“La Cgil sembra più interessata a litigare a sinistra che a mandare a casa la destra”, accusa l’ex premier, puntando il dito contro chi sostiene i cinque sì ai referendum dell’8 e 9 giugno. “Questo referendum è un regalo a Meloni: lei è in difficoltà e loro attaccano i governi precedenti.”
“Si colpiscono le riforme passate, non l’attuale governo”
Nel mirino ci sono i quesiti che puntano ad abrogare norme approvate dai governi Renzi, Gentiloni e Conte, con un accanimento particolare sul Jobs Act. “È un paradosso: la Meloni mostra le prime crepe e si torna ad attaccare le riforme di Padoan, Poletti, Pinotti? Parliamo del presente, abbiamo Salvini, Lollobrigida e Urso al governo, non dei ministri di sette anni fa.”
Renzi però andrà a votare. “Voto sì per dimezzare i tempi della cittadinanza. E voto no sui due referendum legati al Jobs Act. Se passa il referendum della Cgil, paradossalmente, i lavoratori perderanno tutele: da 36 mesi di indennizzo si scenderebbe a 24. Non torna l’articolo 18, come molti credono, ma si peggiora la situazione attuale. Il problema è che ormai nessuno legge i quesiti nel merito.”
“La Russa è inopportuno, ma l’astensione è legittima”
Sulle polemiche attorno all’astensione, Renzi non difende Ignazio La Russa, ma lo prende come esempio per chiarire un principio. “La Russa è inopportuno per definizione, interpreta il suo ruolo da presidente del Senato come un giocatore in campo. Detto questo, ricordiamoci che astenersi è del tutto legittimo”.

E quando Fratelli d’Italia gli rinfaccia che nel 2016 fu lui, da segretario del Pd, a chiedere l’astensione al referendum sulle trivelle, Renzi non si sottrae: “Sì, e nel 2003 lo fecero anche i Ds contro i referendum di Bertinotti. Tutti i partiti hanno cercato di non far raggiungere il quorum quando conveniva. È sempre stato così”.
“Il Pd ha rinnegato la sua anima riformista”
Poi c’è il tema più spinoso: quello dell’identità del Partito Democratico, sempre più distante da quello renziano. “L’ambiguità del Pd sul Jobs Act non esiste più: Schlein ha chiarito che le idee riformiste della terza via non hanno più cittadinanza nel partito“.
“Ma ora resta da capire con quale credibilità chi ha votato il Jobs Act possa sostenere un referendum che lo abroga. Che dicono Orlando o Franceschini? Nella mia segreteria c’erano Madia e Serracchiani alle politiche del lavoro. Loro regolano i conti col passato, io preferisco fare opposizione a Giorgia Meloni”.
“Meloni è spaventata. Noi non dobbiamo avere paura di vincere”
E sul governo Meloni non risparmia bordate. “Ventisei mesi di produzione industriale negativa, stipendi e pensioni ferme, famiglie sempre più alla Caritas. Meloni dice che va tutto bene: vive in un mondo parallelo. E in politica estera è persino peggio: ci ha isolati in Europa per rincorrere il Trump dei dazi. Non è né carne né pesce. In un momento storico come questo servirebbe una guida forte, invece abbiamo una premier impaurita”.
Chiude con un invito alla propria area politica: “Dobbiamo trovare punti programmatici comuni su stipendi, educazione, cultura e salute. Basta parlare del passato, servono proposte per i prossimi dieci anni. Meloni ha così paura di perdere che cambia la legge elettorale. Ma siamo noi che abbiamo paura di vincere, se restiamo prigionieri del passato”.