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Ucraina, Trump passato dagli elogi a Putin alle minacce di nuove sanzioni

Pubblicato: 12/05/2025 08:35
Ucraina Trump Putin minacce

Nel pieno di una fase cruciale per la politica estera americana, Donald Trump ricalibra le sue mosse sullo scacchiere globale, puntando a rafforzare i legami economici con i Paesi arabi del Golfo e, allo stesso tempo, cercando di rilanciare la sua immagine nella gestione del conflitto in Ucraina. Lo fa mentre prende le distanze da Benjamin Netanyahu, con il quale i rapporti sembrano essersi raffreddati, e apre spiragli diplomatici che fino a pochi mesi fa sarebbero stati impensabili.
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Una tregua possibile, ma Mosca prende tempo

Trump ha recentemente accolto con favore la proposta di tregua avanzata dai leader europei, un’inversione netta rispetto alle sue iniziali posizioni di vicinanza a Vladimir Putin. Se all’inizio del conflitto non aveva nascosto una certa simpatia per il leader del Cremlino, ora il presidente statunitense rilancia sanzioni contro la Russia, ripristina le forniture militari all’Ucraina, comprese quelle relative ai caccia F-16, e prova a costruire un’immagine più risoluta sul fronte della guerra.

La risposta di Mosca è arrivata ma non nei termini attesi: nessuna accettazione della tregua di 30 giorni, bensì una proposta di avvio di negoziati diretti con Kiev a partire da giovedì a Istanbul. Un segnale ambiguo, che da un lato indica una possibile apertura, ma dall’altro rischia di tradursi in una mossa tattica per consolidare il vantaggio militare attuale e mantenere alta la pressione, anche attraverso la minaccia dei missili balistici ipersonici Oreshnik, che secondo l’arsenale russo sarebbero impossibili da intercettare.

Il Cremlino cambia approccio, ma senza concessioni

L’ipotesi di una trattativa diretta senza precondizioni, finora sempre rifiutata da Mosca, rappresenta comunque una novità. Secondo diverse fonti diplomatiche, l’irritazione crescente di Washington per l’atteggiamento rigido della Russia e per la mancata risposta agli appelli di Trump, avrebbe spinto Putin a rivedere, almeno parzialmente, la propria strategia. Nessuno si attende concessioni concrete, ma la disponibilità a sedersi al tavolo negoziale rappresenta una rottura rispetto all’intransigenza che ha dominato fino a pochi giorni fa.

Nel frattempo, Volodymyr Zelensky, reduce dal contestato incontro alla Casa Bianca dello scorso febbraio, ha cercato di rafforzare la sua posizione. L’accordo sui minerali strategici e il colloquio con Trump a San Pietro, durante i funerali di papa Francesco, lo hanno riportato in gioco. Pur restando in una condizione delicata, non è più isolato. Trump stesso, che prima lo criticava apertamente, ora ammette in privato la propria frustrazione per Putin, e si interroga se il leader russo sia cambiato rispetto al passato, quando lo definiva “un amico”.

I rapporti con Israele e la nuova strategia mediorientale

In parallelo, il presidente ha mutato tono anche nei confronti di Israele. Con Benjamin Netanyahu, il gelo è evidente. Le aperture ai palestinesi, i negoziati con l’Iran e gli accordi con gli Houthi hanno creato frizioni sempre più marcate. Israele ha reagito lasciando intendere che intende muoversi da solo, senza attendere più l’ombrello diplomatico statunitense.

Il viaggio di Trump nei Paesi del Golfo avviene quindi in un momento carico di tensioni, ma anche di opportunità. Accompagnato dai vertici del settore tecnologico e finanziario statunitense — tra cui Elon Musk, Mark Zuckerberg e Sam Altman, insieme a Larry Fink del colosso BlackRock — il presidente punta su investimenti, energia e criptovalute. Un’operazione che, al di là dei risvolti politici, ha un impatto diretto anche sugli interessi economici della sua famiglia.

Un Boeing da 400 milioni e nessun illecito secondo il Pentagono

A destare particolare scalpore è la notizia dell’omaggio del Qatar a Trump: un Boeing 747-8 da 400 milioni di dollari, destinato a diventare la sua futura Casa Bianca volante. Un dono che, se confermato, rappresenterebbe la più grande donazione straniera mai ricevuta da un politico americano. Il Dipartimento della Giustizia, tuttavia, ha fatto sapere che si tratta di un’operazione legale, poiché il beneficiario formale è il Pentagono, che lo registrerà presso l’Air Force.

Al termine del mandato presidenziale, l’aereo finirà nella library-museo di Trump, sotto forma di fondazione pubblica, non come bene personale. Un dettaglio tecnico che, almeno per ora, allontana le polemiche legate a potenziali conflitti di interesse, anche se il dibattito politico interno su questi episodi è tutt’altro che sopito.

In un momento di svolta per la diplomazia americana, Trump si muove con passo incerto ma deciso tra politica estera, ambizioni economiche e una campagna di immagine che mira a riposizionarlo come leader efficace e pragmatico. Se ci riuscirà davvero, lo diranno i prossimi mesi.

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