
Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il 35enne Emanuele De Maria avrebbe colpito almeno cinque volte al collo il collega Hani Nasr, 50 anni, davanti all’ingresso dell’hotel Berna in via Napo Torriani. Il video mostra con chiarezza le fasi dell’aggressione: Nasr cerca di sottrarsi alla furia dell’aggressore, ma viene raggiunto. Nella violenza che segue, riesce a difendersi a pugni, contrastando l’attacco e riuscendo infine a chiedere aiuto, mentre De Maria si dà alla fuga.
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Le immagini di videosorveglianza, sia pubbliche che private, hanno catturato l’intera scena. Nasr è stato colpito ripetutamente con un grosso coltello da cucina, sempre mirando al collo. Solo un intervento chirurgico d’urgenza all’ospedale Niguarda ha permesso di salvarlo.
Un passato segnato da un altro omicidio
Il nome di Emanuele De Maria non era sconosciuto alla giustizia. Il 35enne si trovava in regime di detenzione nel carcere di Bollate, dove stava scontando una pena di 14 anni e 3 mesi per un omicidio commesso nel 2016 a Castel Volturno. La vittima, una 23enne, era stata accoltellata alla gola. In virtù della buona condotta, nel novembre 2023 gli era stato concesso di lavorare all’esterno, presso la reception dell’hotel Berna.
Nel nuovo ambiente lavorativo, De Maria aveva avviato una relazione sentimentale con Chamila Wijesuriya, 50 anni, anch’essa dipendente della struttura. La relazione, però, si era recentemente interrotta, e proprio questo sembra essere stato il movente della successiva escalation di violenza.
L’omicidio a Parco Nord e il suicidio dal Duomo
Secondo gli inquirenti, nel pomeriggio di venerdì 9 maggio, De Maria avrebbe incontrato Chamila Wijesuriya al Parco Nord di Milano. È lì che si sarebbe consumato il primo delitto. La donna è stata trovata priva di vita poco dopo. A scatenare la furia dell’uomo, secondo gli investigatori, sarebbe stata la decisione della donna di porre fine alla relazione.
Ma la catena di eventi non si è fermata. Il mattino seguente, sabato 10 maggio, De Maria ha atteso Nasr, convinto che fosse stato lui a mettere in guardia Wijesuriya. L’aggressione, avvenuta proprio all’ingresso dell’albergo, ne è la tragica conseguenza. Infine, domenica 11 maggio, De Maria ha deciso di togliersi la vita: si è lanciato nel vuoto dalla terrazza del Duomo di Milano, ponendo fine alla sua parabola di violenza.
Il caso di Emanuele De Maria è al vaglio del Ministero della Giustizia
— Tgr Rai Lombardia (@TgrRaiLombardia) May 12, 2025
Nel servizio di Roberta Di Matteo, il momento nel quale il detenuto ha aggredito in strada a coltellate il collega dell'hotel dove lavorava, ferendolo gravemente pic.twitter.com/fChGt79j7J
Un caso che interroga istituzioni e sistema penitenziario
Il dramma di Emanuele De Maria riaccende il dibattito sul regime di semilibertà, sulla gestione dei detenuti e sul reinserimento sociale. L’uomo, pur avendo un passato di omicidio, era stato considerato idoneo a lavorare in un contesto aperto al pubblico. Le domande, ora, sono inevitabili: era stata fatta una valutazione corretta del suo stato psicologico? C’erano segnali d’allarme trascurati?
Tre vite – quella di Chamila Wijesuriya, di Hani Nasr e dello stesso De Maria – sono state travolte da una spirale di gelosia, vendetta e violenza. La città di Milano, ancora una volta, si trova a fare i conti con un caso che non è solo cronaca nera, ma riflessione sul presente, su come prevenire e riconoscere i segnali del pericolo, e su quanto fragile possa essere il confine tra la reintegrazione e la ricaduta.