
Certe tragedie arrivano senza preavviso, scavano nella quotidianità e la frantumano in mille pezzi. È difficile trovare una logica, un prima e un dopo che possa spiegare l’assurdo. In una casa qualunque, in una mattina qualunque, può accadere l’impensabile. E quando accade, a restare sono solo domande che nessuno riesce davvero a rispondere. Come si può spiegare l’omicidio di una moglie da parte dell’uomo che diceva di amarla da quasi quarant’anni?
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È la storia di una famiglia, quella dei coniugi Salamone, che per anni ha dato un’immagine di solidità, complicità e affetto. Una coppia di provincia che sembrava lontana dalle cronache nere. Una di quelle famiglie che si definiscono “normali”, fatte di lavoro, sacrifici e piccoli momenti condivisi. Eppure, sotto quella superficie, qualcosa stava lentamente implodendo.
L’omicidio in camera da letto e l’incredibile giustificazione
Il femminicidio si è consumato la mattina del 16 ottobre 2023, in un’abitazione di Solero, in provincia di Alessandria. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Giovanni Salamone ha ucciso sua moglie Patrizia Russo mentre lei era ancora a letto, colpendola con numerose coltellate. Un gesto violento e improvviso, compiuto senza possibilità di difesa per la vittima.
A distanza di sette mesi, le parole pronunciate da Salamone in tribunale sono apparse tanto sconvolgenti quanto sconcertanti: «Sono stato posseduto da Satana. Non ho potuto difendere mia moglie: questa è la mia vera colpa». Ha aggiunto che tra lui e Patrizia non c’erano tensioni gravi, anzi: «Eravamo una coppia perfetta, 39 anni insieme, 29 di matrimonio. Ci amavamo ed eravamo invidiati».
Una dichiarazione che, per la sua natura irrazionale, ha sollevato ulteriori interrogativi. Gli investigatori, però, non si sono fermati alle parole dell’imputato e hanno cercato di scavare più a fondo per individuare un movente concreto.
I problemi economici e il crollo del sistema familiare
Nel corso delle indagini, è emersa una situazione economica compromessa. A parlarne sono stati i figli della coppia, che si sono costituiti parte civile nel processo. La figlia ha raccontato che negli ultimi tempi la madre era preoccupata per i soldi: «Mia madre mi diceva che dovevamo stringere la cinghia. I soldi erano sempre meno». Anche il figlio, che si trovava in Spagna per motivi di studio il giorno dell’omicidio, ha ricordato che la madre aveva fatto cenno a qualche difficoltà, pur cercando di rassicurarlo: «Diceva che era tutto sotto controllo, ma col senno di poi forse minimizzava».
Le dichiarazioni dei figli gettano una luce diversa sulla relazione coniugale, evidenziando come la pressione economica potesse avere un ruolo chiave nel deterioramento della stabilità emotiva di Salamone. L’uomo, infatti, ha parlato in aula della sua disperazione, aggravata da un procedimento giudiziario per ricettazione di arance, da cui era stato poi prosciolto, ma che a suo dire aveva minato in modo irreversibile la sua reputazione lavorativa.
I tentativi di suicidio e il malessere psichico
Durante l’udienza, Giovanni Salamone ha riferito di aver tentato più volte il suicidio, sia prima dell’omicidio che durante la detenzione in carcere. «Io non c’ero più, non ero più in me. Non dormivo, non mangiavo, non vivevo», ha detto con voce rotta. Ha attribuito gran parte del suo crollo psicologico alla vicenda giudiziaria che, a suo avviso, gli avrebbe fatto perdere la clientela e il rispetto della comunità. Il viaggio di ritorno ad Alessandria, poco prima dell’omicidio, fu descritto come devastante: «Patrizia aveva paura che potessi fare qualcosa da un momento all’altro».
Una descrizione che rafforza l’immagine di una donna che, pur consapevole dello stato di fragilità del marito, ha cercato in ogni modo di proteggerlo, fino all’ultimo. E proprio questo elemento rende ancora più tragico il finale della vicenda. Patrizia non solo ha perso la vita per mano dell’uomo che amava, ma ha vissuto gli ultimi giorni nel tentativo di salvarlo da se stesso.

Una giustizia chiamata a dare risposte
Il processo è ancora in corso, e spetterà alla magistratura accertare la responsabilità penale di Salamone e stabilire l’entità della sua imputabilità. Ma al di là delle valutazioni legali, resta il vuoto lasciato da Patrizia Russo, una donna che ha pagato con la vita il crollo psicologico del marito e un contesto familiare reso fragile da tensioni economiche e personali.
La sua storia si aggiunge all’elenco, sempre più lungo, dei femminicidi in Italia, fenomeno che continua a colpire anche laddove l’apparenza parla di coppie “normali”. E in quell’apparente normalità, spesso, si annida la violenza sommersa, difficile da intercettare ma devastante nei suoi effetti.
In aula, tra le parole confuse e dolorose dell’imputato, e lo sguardo fermo dei figli rimasti, si combatte una battaglia che va oltre il singolo caso: quella per riconoscere, prevenire e fermare la violenza dentro le mura domestiche, prima che sia troppo tardi.