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Italia, fine corsa per i voltagabbana: dopo i governi tecnici, inizia l’era della stabilità politica

Pubblicato: 13/05/2025 17:54

Per oltre un secolo è stato un costume italico, una sorta di lubrificante istituzionale che permetteva ai governi di sopravvivere o, al contrario, ne provocava la caduta. Fra parlamentari voltagabbana e ideali a saldo, era questo il significato ultimo di un vizio che non è solo dei nostri deputati: il trasformismo.

Un’arte antica, nobile e cinica, che affonda le sue radici nel celebre “connubio” orchestrato da Cavour e si è trascinata fino ai giorni nostri: chi non ricorda i “responsabili” di Domenico Scilipoti e Sergio De Gregorio? I voltagabbana, insomma: quella legione di onorevoli che cambiava casacca in nome dell’interesse nazionale – o più spesso personale.

Ora, però, qualcosa è cambiato. Anzi, qualcosa è finito. Secondo i dati presentati dalla società di consulenza Bistoncini Partners, il Parlamento italiano ha smesso di mutare pelle a ogni cambio di governo. I numeri parlano chiaro: tra il 2018 e il 2022, si sono registrati oltre 400 cambi di gruppo parlamentare, coinvolgendo quasi 300 deputati e senatori. Un carosello inarrestabile, alimentato da esecutivi fragili, tecnici, di scopo, di larghe intese, spesso nati più da alchimie parlamentari che da veri mandati elettorali.w

La svolta: niente più salti della quaglia

Nella legislatura attuale, la XIX, invece, il fenomeno si è praticamente estinto. Nessuna emorragia, nessuna corsa ai gruppi misti o alle sigle improvvisate. È la fotografia di una stabilità inaspettata, sottolineata con precisione dagli autori dello studio: “Al contrario delle passate legislature, in cui si osservavano picchi di cambi di gruppo proprio a ridosso delle transizioni tra governi, nella XIX legislatura si nota una stabilità notevole, con cambi rari e isolati”.

La spiegazione? L’attuale Governo ha una maggioranza coesa, uscita compatta e ordinata dalle elezioni politiche dell’ottobre 2022. Non c’è stato bisogno di cercare stampelle in Parlamento, né di inseguire consensi estemporanei. Come osserva Fabio Bistoncini, fondatore della società di consulenza, “il quasi annullamento dei cosiddetti cambi di casacca è il segnale di una stabilità politica frutto dell’assoluta corrispondenza tra la maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni e la compagine dell’attuale Governo”.

Tecnici addio, coerenza ritrovata?

Il dato più interessante, e forse più inquietante per certi studiosi delle istituzioni, è che il principale fattore destabilizzante sembrano essere stati proprio i governi tecnici. Monti, Letta, Draghi: esecutivi senza mandato popolare diretto, sorretti da maggioranze composite, talvolta innaturali, che hanno offerto spazio a ogni forma di transumanza parlamentare. L’assenza di un collante ideologico rendeva tutto negoziabile, tutto reversibile.

Ora, invece, sembra essersi instaurato un nuovo ordine, basato su maggioranze politiche solide, votate dagli elettori e legate da interessi comuni. Il risultato è che la Costituzione non è stata toccata, nessun vincolo di mandato è stato introdotto, ma il sistema ha trovato da solo una nuova forma di disciplina. La fine dei voltagabbana, almeno per ora, non è frutto di una riforma, ma di una dinamica politica maturata dentro le urne.

Una parentesi? Forse. O forse l’inizio di una stagione più adulta per la democrazia italiana. Dove la lealtà politica torna a essere virtù, e non solo strategia.

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