
Il caso sulla morte di Liliana Resinovich continua a tenere alta l’attenzione pubblica, tra verità parziali, versioni contrastanti e nuovi elementi che si aggiungono al già complesso quadro investigativo. Un intreccio di dichiarazioni, analisi medico-legali e sospetti incrociati che ruotano attorno a uno dei punti più discussi: la frattura alla vertebra toracica della donna.
L’evoluzione recente della vicenda coinvolge un tecnico anatomopatologo che aveva collaborato agli accertamenti iniziali e che oggi si ritrova a dover rispondere direttamente a un’accusa di falso. Al centro, una dichiarazione rilasciata alla Procura che oggi viene messa in discussione da nuove perizie e da una querela depositata dai familiari della vittima.
Il nodo della vertebra fratturata: verità a confronto
Giacomo Molinari, tecnico di sala settoria, aveva riferito agli inquirenti di aver forse causato accidentalmente la frattura a una vertebra toracica di Liliana Resinovich durante la movimentazione del corpo prima dell’autopsia. Tuttavia, questa lesione non risultava nelle prime relazioni autoptiche. Oggi, però, alcuni accertamenti indipendenti, richiesti dall’avvocato Nicodemo Gentile e realizzati dai professori Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico, indicherebbero che la frattura sia avvenuta quando la donna era ancora in vita.
Le parole di Molinari, riportate in un’intervista, sono chiare: «Io confermo tutto quello che ho già spiegato. Ciò che mi rattrista è che una persona onesta che vuole essere di aiuto nella lettura dei fatti venga ripagata con una querela».
Ma le nuove evidenze sembrano rafforzare un’altra ipotesi: quella contenuta nella perizia della dottoressa Cristina Cattaneo, secondo cui la morte sarebbe da attribuire a un intervento esterno, smentendo così l’ipotesi iniziale di suicidio. In contrasto con le conclusioni di Cattaneo e altri specialisti incaricati, le affermazioni di Molinari coincidono invece con la linea difensiva del medico legale Raffaele Barisani, consulente del marito Sebastiano Visintin, ora formalmente indagato.
Sergio Resinovich, fratello della vittima, ha chiesto di chiarire «se Molinari stia coprendo qualcuno», e ha anche inoltrato una richiesta di ispezione ministeriale nel reparto dove lavora il tecnico, segnalando alcuni video divulgativi da lui pubblicati sui social – pur non collegati al caso.
Molinari ribadisce la sua posizione: «Non sono pagato o manovrato da nessuno… Quella frattura non è il risultato di una mia colpa ma l’effetto, più frequente di quanto si pensi, di una manovra effettuata sul cadavere».
E mentre le indagini proseguono, resta aperta una questione: la verità scientifica può bastare a dissolvere i sospetti umani?