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Monia Bortolotti, in aula la telefonata shock: “Abbiamo rivoltato il piccolo Mattia come un calzino”

Pubblicato: 13/05/2025 07:32

Il processo che vede imputata Monia Bortolotti, giovane madre accusata della morte dei suoi due figli, entra in una fase delicata e carica di tensione emotiva. Le udienze si susseguono tra testimonianze tecniche, registrazioni strazianti e dettagli clinici che fanno emergere i contorni di una vicenda ancora piena di zone d’ombra.

Mattia, nato nell’agosto del 2022, era stato ricoverato una prima volta a settembre per un arresto cardiaco e dimesso dopo controlli approfonditi che non avevano evidenziato alcuna patologia. A ottobre, però, il dramma: il piccolo muore improvvisamente nella casa di famiglia a Pedrengo. In aula si ripercorrono quei momenti attraverso le voci dei medici, degli operatori del 118 e delle registrazioni effettuate subito dopo la tragedia.

«Ti giuro, sono sconvolta»: la telefonata tra i medici

A scuotere l’aula è la registrazione della telefonata del 25 ottobre 2022, effettuata dal rianimatore Mirco Nacoti alla collega Francesca Favini, della Patologia neonatale, che aveva seguito Mattia dopo il primo episodio. «Sono qui con il 118, siamo intervenuti su Zorzi Mattia. Il papà dice che era seguito da voi. Avevano già perso un figlio», dice Nacoti riferendosi alla sorellina Alice, morta nel 2021.

La risposta di Favini è carica di incredulità: «Gli abbiamo fatto tutta la genetica, era negativa. Gli abbiamo persino messo un loop recorder fuori indicazione. Ti giuro, sono sconvolta». Il medico rianimatore conferma che il piccolo «non è stato molto massaggiato dalla mamma. Siamo arrivati dieci minuti dopo, ma non è più ripartito».

Le manovre e i dubbi: «Seduta sul divano, piangeva»

In aula, Nacoti ricostruisce anche l’arrivo a casa della famiglia. A prestare i primi soccorsi erano stati i volontari: «La madre era seduta sul divano, piangeva», riferisce. Le manovre rianimatorie, a detta dei soccorritori, non erano iniziatequando entrarono. Ma lo stesso medico sottolinea: «Non ha significato. Spesso le persone sono bloccate emotivamente, soprattutto con i bambini. Fare rianimazione su un neonato è difficilissimo».

Alla domanda sui segni rilevati sul torace del bambino, Nacoti risponde che potrebbero essere dovuti alle piastre per la defibrillazione, precisando: «Su un bambino, le manovre rianimatorie sono più efficaci che su un adulto, ma devastanti. Ecchimosi o fratture possono essere normali».

Una perizia cruciale e nuove domande aperte

L’avvocato della difesa ha chiesto che queste dichiarazioni vengano trasmesse al medico Paolo Silvani, del San Raffaele di Milano, incaricato della perizia medicolegale. Dovrà valutare se i dati del loop recorder confermano l’ipotesi degli inquirenti: che la madre possa aver causato la morte del figlio per soffocamento. Con lui, in aula il 27 giugno, ci sarà anche il medico legale Yao Chen, autore delle autopsie di entrambi i bambini.

Il 30 giugno toccherà agli psichiatri. La Corte vuole chiarire se Bortolotti fosse capace di intendere e volere al momento dei fatti. Intanto, un ulteriore passaggio emerge dal processo: Nacoti e Favini, in una successiva telefonata, si sarebbero confrontati sull’opportunità di un’autopsia, scelta poi confermata dalle indagini. Un dettaglio che, come tutto in questa drammatica vicenda, continua ad alimentare interrogativi profondi.

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