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Schianto tremendo, è morto proprio lui: una vita oltre i limiti

Pubblicato: 13/05/2025 23:47

Il vento soffiava leggero lungo la provinciale, la luce calava morbida tra i colli del Varesotto. Era il tardo pomeriggio di martedì, uno di quelli che promettono silenzio e ritorni, ma per Pierluigi Talamona è stato l’ultimo tratto di strada. Ancora una volta in sella alla sua bici, fedele compagna di sfide, libertà e memoria, è caduto sull’asfalto, vittima di un impatto violento.

L’incidente è avvenuto nel tratto tra Gavirate e Cocquio Trevisago, lungo la provinciale 1, dove Talamona, 77 anni, è stato travolto da un’auto. I soccorsi sono stati immediati, ma le ferite riportate si sono rivelate troppo gravi. È morto così, come aveva vissuto: in movimento, inseguendo un orizzonte.

Una vita a pedali

Originario di Porto Ceresio, residente a Inarzo, Talamona era molto più che un appassionato di ciclismo. Era un simbolo. A 68 anni, nel 2016, aveva partecipato alla Transcontinental Race, una delle gare più dure al mondo: 4000 chilometri dal Belgio alla Turchia, affrontando montagne, pioggia, solitudine, notti all’aperto e chilometri senza fine. Per lui, il viaggio era un modo per misurarsi con se stesso, per ascoltare il tempo.

E non si era mai fermato. Nemmeno dopo i settanta. Nel 2023, a 75 anni, ha vinto l’oro agli Europei di Gravel in Belgio, e pochi giorni dopo ha trionfato anche ai Mondiali di categoria a Pieve di Soligo, riportando Varese ai vertici del ciclismo mondiale. La sua non era testardaggine, ma una forma di fede nella strada.

L’eredità di un uomo libero

Chi lo conosceva lo ricorda come un uomo gentile, ostinato, con la determinazione lucida dei sognatori. La pensione non l’aveva allontanato dalla sella: continuava a pedalare, ogni giorno, sulle colline lombarde, su sentieri di ghiaia e strade provinciali. Non cercava la gloria, ma la coerenza. La bici era il suo modo di restare se stesso.

Con la morte di Pierluigi Talamona, il ciclismo perde un simbolo di tenacia, e il Varesotto un pezzo della sua anima più autentica. Chiunque l’abbia incrociato una volta — su una strada, a una partenza, in una gara — sa che non era un uomo qualunque. Era uno che non ha mai smesso di crederci.

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