
Martedì 12 maggio, nella Sala Nervi del Vaticano, Leone XIV ha parlato ai giornalisti italiani e internazionali. Un incontro tradizionale. Anche la Chiesa ha necessità di comunicare, non solo con gli strumenti di cui dispone. E d’altra parte la Chiesa ha scelto San Francesco di Sales come patrono dei giornalisti. Tradizione, dunque. Per conoscersi. Senza la pretesa di limitare la libertà dei professionisti dell’informazione.
Papa Leone, tuttavia, non poteva non invitarli a riflettere su come interpretare il giornalismo. Senza giri di parole ha chiesto loro “di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace“, consapevole che “Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: ‘Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi’”.

Ed ha aggiunto: “Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa – ha aggiunto -. Grazie, perché siete riusciti a cogliere l’essenziale di quel che siamo, e a trasmetterlo con ogni mezzo al mondo intero”.
Vien da chiedersi se i giornalisti abbiano capito il messaggio. E viene anche da chiedersi se l’appello ad uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, al di là del ringraziamento di rito, non sia stato un invito a smetterla di scrivere della Chiesa come se fosse materia per rotocalchi. Il dubbio viene, perché la stampa, onestamente, si è largamente approcciata al Conclave come se si trattasse di un evento terreno, alla ricerca dello scoop a ogni costo, spacciando per fonti attendibili le chiacchiere da sala stampa. Come se il Conclave fosse il banale parlamento di uno Stato democratico. Il toto-Papa ha sfiorato il ridicolo. Nomi buttati lì a caso, seguendo una presunta logica “politica”. Dimenticando l’essenziale. Cioè che, per i cattolici, e’ lo Spirito Santo a guidare i cardinali per il bene della Chiesa sposa di Cristo. Dimenticarlo non rende un buon servizio all’autorevolezza della stampa.
Anche la rapidissima elezione – inattesa – di Leone XIV non ha insegnato nulla. Trascorse ventiquattro ore si è cominciato ad almanaccare su come sarà formato il nuovo “governo” della Chiesa. Come se il Papa dovesse attenersi al manuale Cencelli per scegliere i vertici dei dicasteri, a cominciare dalla Segreteria di Stato. Rimarrà Parolin? Ne sceglierà un altro? Con quale criterio? “Progressista” o “conservatore”? Anche questo sembra un toto-nomine da Transatlantico, per fare un esempio italiano. Com’era ovvio il Papa non ha detto nulla. Tutti in prorogatio, forse per mesi, fino a quando sceglierà i cardinali a suo insindacabile giudizio. Come può scegliere di nominare cardinale un vescovo. Peraltro senza neppure il dovere di rispettare la tradizione delle diocesi “cardinalizie”. Non per caso l’arcivescovo di Milano non ha partecipato al Conclave. Bergoglio non lo ha nominato, nonostante il rilievo storico della diocesi ambrosiana. Ha fatto, piuttosto, cardinale il vescovo di Ulan Bator, capitale della Mongolia. Un affronto? Sarebbe un ragionamento in politichese. Evidentemente ha ritenuto più opportuno, per la Chiesa universale, sottolineare il rilievo della comunità cattolica in un mondo “lontano”. Giusto o sbagliato? Il Papa è libero di decidere come ritiene più utile alla Chiesa. Ne ha il diritto e la responsabilità. Come per i dicasteri. Spesso si dimentica che il Papa non è solo il vicario di Cristo e vescovo di Roma, ma anche il monarca assoluto di uno Stato indipendente e sovrano.
Il giornalismo, dunque. Da giorni non si fa che scrivere di Leone XIV come se fosse un continuatore di Francesco, quasi una fotocopia. Ma perché dovrebbe esserlo? E in che senso? Girerà il mondo? Può darsi. Probabilmente andrà nel “suo” Perù. Non c’è bisogno di informazioni “segrete”. Americano, come tutti o quasi gli americani figlio dell’immigrazione, non ha parlato in inglese, ma in italiano come vescovo di Roma, e ha salutato in spagnolo la sua diocesi peruviana. In questo senso farà il contrario di Francesco, che ha girato il mondo, compresa l’America Latina, ma non è mai tornato nella sua diocesi di Buenos Aires. Parlerà ai poveri? Quando mai i Papi hanno parlato solo ai ricchi? Peraltro ha spiegato di aver assunto il nome di Leone pensando a Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum (1891), l’enciclopedia della dottrina sociale cattolica. Che forse andrebbe riletta invece di usarla come bandierina.
Leone XIII segnalava la “estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balda della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un’usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile”.
“A rimedio di questi disordini – avvertiva il Papa -, i socialisti, attizzando nei poveri l’odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l’eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l’ordine sociale”.
Era di destra o di sinistra Leone XIII? Che non sia stato solo un Papa cattolico? Che non sia Leone XIV nient’altro che un Papa cattolico? Certo, è arrivato un americano a Roma. Chissà. Ma già ha detto molto. Moltissimo. Di questo dovrebbe forse occuparsi seriamente la stampa, piuttosto che di gossip.
Per capirne di più? Manca poco. L’appuntamento è domenica 18 maggio con la prima messa di di inizio pontificato.