
Nel corso del tempo, uno dei casi più controversi del panorama giudiziario italiano ha continuato ad attrarre attenzione. Oggi, nuove ipotesi investigative aprono scenari inediti che intrecciano nomi noti, decessi catalogati come suicidi e coincidenze difficili da ignorare. Una trama inquietante che si sviluppa a partire da un piccolo centro del Nord Italia, e che ruota attorno alla figura di Andrea Sempio, un giovane all’epoca amico del fratello della vittima.
Un’indagine che, oltre ai fatti noti, sembra ora coinvolgere anche una catena di morti sospette, apparentemente scollegate, ma che secondo alcune ricostruzioni potrebbero celare informazioni mai approfondite fino in fondo.
Un medico, un pensionato e una scia di dubbi
Tra i nomi riemersi c’è quello di Corrado Cavallini, medico di base molto conosciuto nella zona, trovato senza vita nella sua abitazione nel marzo 2012. La sua scomparsa si affianca a quella di Giovanni Ferri, pensionato 88enne, trovato morto in circostanze singolari: con la gola e i polsi tagliati, in uno spazio angusto, senza alcuna lama nei paraggi. Ferri era paziente del dottor Cavallini e viveva a poca distanza dalla famiglia Sempio.
Nonostante la moglie di Ferri avesse escluso categoricamente l’ipotesi del suicidio, le autorità dell’epoca avevano archiviato il caso come gesto volontario. “La classificazione fu rapida, ma molte domande rimasero senza risposta”, afferma una fonte vicina all’ambiente locale.
Giovani, fede e un nodo misterioso
Le indagini più recenti hanno rispolverato anche altri casi irrisolti, legati a un gruppo di giovanissimi che frequentavano il Santuario della Madonna della Bozzola, luogo caro a molti ragazzi del posto. Tra loro, uno era amico d’infanzia di Sempio: nel 2016 fu trovato impiccato, con un nodo complesso e difficilmente eseguibile da solo. Un dettaglio che ha sollevato ulteriori interrogativi.
Cosa vide Ferri?
Secondo una ricostruzione, la mattina del 13 agosto 2007 – giorno della morte di Chiara Poggi – Ferri sarebbe stato seduto all’esterno di un bar, dove avrebbe visto qualcosa di importante, confidato solo alla moglie. Dopo il decesso dell’uomo, fu il dottor Cavallini a prestare assistenza alla vedova. Si ipotizza che la donna possa aver raccontato al medico quelle confidenze, rendendolo a sua volta depositario di una verità scomoda.
“Era stanco, sì, ma nessuno pensava che potesse arrivare a tanto”, avevano detto di Cavallini pochi giorni dopo la sua morte. Eppure, quella stanchezza oggi assume tutto un altro significato.