
Chiara Francini torna a raccontarsi con un nuovo romanzo, Le querce non fanno limoni. Un titolo, che racchiude una profonda riflessione sull’identità e l’eredità che ogni persona riceve e trasmette. In una recente intervista al Corriere della Sera, Francini ha espresso quanto questo libro sia un atto personale, un esercizio di memoria e consapevolezza, un viaggio alle radici delle proprie esperienze e delle forze che guidano la vita.
Un lutto che cambia la vita
Il racconto di Chiara Francini si intreccia con un evento drammatico: la morte del suo primo amore, Alessio Rapezzi, avvenuta improvvisamente nel febbraio 2024 a soli 49 anni. Colpito da un malore durante una vacanza a Sharm-El Sheik, la sua scomparsa ha profondamente segnato l’attrice. Oggi, quel dolore è diventato una fonte di riflessione e trasformazione.

La trasformazione del ricordo
“Se la paura fa parte della mia vita? Mi ha attraversata, sì. Poco tempo fa è morto il mio primo fidanzato, Alessio. Un dolore grande, ma anche una rivelazione”, ha confidato Chiara Francini. “Ho capito che quando qualcuno è vivo anche il ricordo resta acceso. Quando muore, quel ricordo cambia forma. Non è più esperienza: diventa memoria, non più condivisione, ma responsabilità.” Nel giorno dell’anniversario della scomparsa di Alessio, lo scorso 20 febbraio, Chiara Francini ha condiviso su Instagram una foto di loro due da ragazzi, accompagnata da parole toccanti: “Ale mio. Vivo ma non ho scelta né un motivo. Il mondo è un tipo irrazionale, fa come vuole, non dà nessuna spiegazione.”

Riflessioni dal passato
“Forse è per questo che ho scritto un romanzo che guarda così tanto al passato. Perché laggiù ci sono le origini, le ferite, ma anche le forze che ci tengono su. E se impari ad attraversarlo, il passato ti dà una direzione e ti insegna a fallire”, spiega Chiara Francini. Oggi, l’attrice 45enne è legata a Fredric Lundqvist, un imprenditore svedese con cui condivide la vita da diciannove anni, lontano dai riflettori.
L’amore e la resistenza
“Convivo con lo stesso uomo da diciannove anni. Anche quella è una forma di resistenza.” Questa frase sintetizza la visione di Chiara Francini sull’amore: una scelta quotidiana, un impegno silenzioso ma profondo. Questa è anche parte dell’eredità affettiva e politica che permea il suo romanzo: la capacità di restare, di durare, di esserci.