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Il lato oscuro della rivoluzione tech: pioggia di licenziamenti a Microsoft, per i lavoratori situazione drammatica

Pubblicato: 14/05/2025 09:43

Sotto il luccichio dei bilanci da record, una strage di lavoratori. Microsoft, il colosso di Redmond che solo pochi giorni fa sbandierava utili trimestrali da 25,8 miliardi di dollari, annuncia l’ennesima ondata di licenziamenti: quasi settemila dipendenti verranno lasciati a casa, il 3% del totale. A essere colpita non è solo la sede madre, ma l’intera struttura globale. Perfino LinkedIn, la piattaforma che dovrebbe connettere chi il lavoro lo cerca.

Il paradosso è bruciante: mentre i vertici delle Big Tech si concedevano un tour principesco in Arabia Saudita al fianco del presidente Donald Trump, in patria calavano la scure. È il volto distaccato della nuova economia, dove gli investimenti in AI valgono più dei lavoratori.

L’intelligenza artificiale costa. E a pagare sono sempre gli stessi

I tagli sono figli di una strategia: Microsoft ha deciso di investire 80 miliardi di dollari nei soli data center per sostenere l’espansione dell’intelligenza artificiale. Un piano ambizioso, certamente. Ma che ha un prezzo: ridurre il personale per snellire la macchina e rassicurare azionisti sempre più impazienti.

Ecco allora il copione già visto: l’efficienza come mantra, i “cambiamenti organizzativi” come formula neutra che nasconde drammi individuali, famiglie spezzate, vite da ricostruire. “Ci stiamo adeguando a un mercato dinamico“, dice un portavoce. Ma quel dinamismo va in una sola direzione: utili sempre più alti e sempre meno lavoratori: è davvero questo il mondo che vogliamo?

Un’ondata che non si ferma

Microsoft non è sola. Anzi, fa parte di un’onda lunga e fredda che sta investendo tutta la Silicon Valley. A gennaio Amazon aveva già tagliato, parlando di “livelli non necessari nella rete”. Meta, sempre più feroce nella razionalizzazione interna, ha sforbiciato il 5% dei propri dipendenti – “per performance”, dicono. Anche CrowdStrike, azienda leader nella cybersecurity, ha appena licenziato il 5% del personale.

E così si delinea il paradosso: le Big Tech macinano utili, si gonfiano di ambizioni futuristiche, promettono un mondo iperconnesso e “intelligente”, ma lasciano indietro le persone in carne e ossa. Quelle che fino a ieri costruivano quel sogno.

Il lavoro è la nuova frontiera della fragilità

Il segnale è forte e inquietante: nel cuore pulsante dell’innovazione, il lavoro umano sta diventando sacrificabile. Ma mentre le aziende si riorganizzano, il tessuto sociale si sfilaccia. La precarietà non è più solo una condizione periferica, è entrata nel cuore stesso dell’élite tecnologica.

Cosa resta, allora? Una domanda aperta e urgente: come riconciliare progresso e giustizia sociale? Perché se l’intelligenza artificiale diventa più importante dell’intelligenza umana, e se il futuro si costruisce lasciandosi dietro migliaia di lavoratori, allora non è un futuro: è una resa. E di fronte a questa deriva la politica non può più tacere.

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