
Nel question time alla Camera, l’atmosfera si è fatta incandescente. Da una parte Giuseppe Conte, che accusa il governo di aver trascinato l’Italia nel riarmo dell’Europa; dall’altra Giorgia Meloni, che respinge le critiche con sarcasmo e fermezza, rivendicando le scelte strategiche fatte in sede europea. Il risultato è un confronto ad alta tensione che lascia il segno su entrambi i fronti.
“Ci avete messo un cappio al collo”
Conte attacca senza mediazioni. “Lo scorso 6 marzo in Consiglio europeo ha dato il primo fondamentale sì a un piano per spese fino a 800 miliardi, di fatto per riarmare la Germania”, ha esordito il presidente del Movimento 5 Stelle. L’accusa è duplice: da un lato, aver anteposto le armi ai bisogni dei cittadini e delle imprese; dall’altro, aver ostacolato, proprio con quella scelta, la possibilità di costruire una vera difesa europea comune.
“L’Italia — ha proseguito Conte — ha accettato un cappio al collo e sarà costretta a tagliare su tutto per inseguire una corsa agli armamenti che ci snatura. E tutto questo mentre continua a disconoscere le urgenze di un Paese in affanno. Perché si è fatta fregare così in Europa per due volte?”
Meloni affonda: “Sarà stato uno dei tanti Giuseppi…”
La premier ha ascoltato le accuse senza nascondere l’irritazione. Poi, nel suo turno di risposta, ha alzato il livello dello scontro. “Sono affascinata dalla sua recente passione antimilitarista, che però nessuno ha avuto modo di apprezzare quando era presidente del Consiglio”, ha esordito con tono ironico. E ha aggiunto: “Sarà stato uno dei tanti Giuseppi…”.
Ma il passaggio più netto arriva subito dopo. “Io non cambio idea in base a dove gira il vento”, ha dichiarato Meloni, rivendicando la coerenza delle sue posizioni sul ruolo dell’Italia nella difesa europea e sul rafforzamento strategico del continente.
La premier non si alza, gelo in Aula
A infiammare ulteriormente l’Aula è la seconda mossa di Conte, che — nel mezzo del confronto — lancia una sfida simbolica: “Rivolgo un appello a tutti, al di là del colore politico: diamo un segno di umanità, alziamoci in piedi per Gaza”. L’opposizione aderisce. Ma la maggioranza e i ministri del governo restano seduti.
“Lei, Meloni, resta seduta?”, domanda Conte, voltandosi verso i banchi dell’esecutivo. Non arriva risposta. La premier resta immobile, lasciando che il gelo cali sui lavori della Camera. Una scena che non sarà facilmente archiviata come incidente d’aula: si tratta di una precisa scelta politica, un messaggio chiaro, un rifiuto di farsi trascinare — come suggeriscono fonti di maggioranza — in una scenografia emotiva a fini polemici.
Due linee inconciliabili
Il confronto tra Meloni e Conte è apparso, fin dal principio, come lo scontro tra due visioni strategiche contrapposte. Per Conte, l’adesione italiana al piano europeo di riarmo rappresenta una deriva militarista che tradisce lo spirito originario dell’Unione. Per Meloni, al contrario, è l’unica strada possibile per un’Europa credibile, autonoma e protetta in un mondo che cambia.
Ma oltre le parole, resta il clima teso, quasi da campagna elettorale anticipata. Con l’agenda internazionale segnata dalla guerra in Ucraina e dalla crisi in Medio Oriente, il riarmo e le spese militari rischiano di diventare la nuova linea del fronte tra governo e opposizioni. E quello andato in scena oggi a Montecitorio sembra solo il primo atto.
Scontro con Schlein in aula
È esploso un acceso dibattito questa mattina durante il Premier Time alla Camera, quando Elly Schlein, segretaria del Pd, ha presentato un’interrogazione al premier Giorgia Meloni per denunciare il collasso del Servizio sanitario nazionale.
Schlein ha aperto il suo intervento citando numeri drammatici: «Mancano 30 000 medici e 70 000 infermieri, le liste di attesa sono al limite del sostenibile e la migrazione sanitaria da Sud a Nord cresce ogni anno. Nel frattempo, la spesa sanitaria pubblica è al minimo storico degli ultimi 15 anni». Di fronte a questi dati, ha proseguito, «voi avete varato un “decreto fuffa” sulle liste d’attesa, senza stanziamenti aggiuntivi. Perché state smantellando la sanità pubblica italiana?».
Il premier ha replicato accusando l’opposizione di affidarsi all’“arte della propaganda”: «È difficile confrontarsi con chi, per fare propaganda, è costretto a mentire — ha detto Meloni —. In Italia le priorità del sistema sanitario sono fissate dal Piano sanitario nazionale: l’ultimo è del 2011, redatto da un governo di centrodestra. Voi siete stati al governo per dieci anni senza mai aggiornare quel Piano, e oggi ci venite a dire quanto sia importante la sanità?»
Schlein non si è lasciata scoraggiare e, durante la replica, ha denunciato che «curarsi è diventato un lusso». Con esempi concreti: «Alla Asl 3 di Genova la visita oculistica passata da 159 giorni di attesa a dicembre a 266 oggi; a Torino, nel maggio scorso, una colonoscopia costava quattro mesi di attesa, ora non si trova più posto». E ha chiosato: «Nel frattempo, c’è chi ci guadagna con le cliniche private. Il popolo italiano merita risposte vere, non dichiarazioni preconfezionate».