
L’uscita da un incarico istituzionale di primo piano come quello di commissario europeo non comporta solo un cambio di mansioni, ma impone un delicato passaggio attraverso una rete di regole etiche e giuridiche. È quanto previsto dai trattati dell’Unione europea per garantire che l’esperienza accumulata al vertice delle istituzioni non venga utilizzata impropriamente nei ruoli successivi. La prassi è chiara: serve una valutazione indipendente, prima di intraprendere qualsiasi nuova attività professionale.
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In questa cornice si colloca la recente decisione che riguarda Paolo Gentiloni, ex presidente del Consiglio italiano ed ex commissario europeo agli Affari economici. Come riporta Euractiv, per poter accettare il nuovo incarico presso “The European House – Ambrosetti“, Gentiloni ha dovuto sottoporre la sua posizione al giudizio del Comitato etico indipendente della Commissione europea, l’organo deputato a valutare la compatibilità tra i nuovi incarichi e le regole contenute nei trattati europei.
Le restrizioni imposte all’ex commissario
L’autorizzazione è arrivata, ma non senza condizioni. Il panel etico ha infatti rilasciato il nulla osta, raccomandando però all’ex commissario di gestire “con particolare attenzione” i suoi contatti con gli attuali membri dell’esecutivo europeo. Inoltre, Gentiloni non potrà in alcun modo svolgere attività di lobbying presso le istituzioni comunitarie su temi trattati durante il suo mandato, con un’unica eccezione: la politica economica, ambito che ricade direttamente nel perimetro delle sue competenze precedenti.
La Commissione Ue si è dunque attenuta al quadro normativo, che prevede, tra le altre cose, un periodo di raffreddamento di due anni durante il quale i commissari uscenti non possono né divulgare informazioni ottenute a Bruxelles né esercitare pressioni su dossier di loro pertinenza. In tal modo si cerca di tutelare l’integrità delle istituzioni europee e di evitare conflitti di interesse che possano danneggiare la fiducia dei cittadini.
Un contratto annuale da 30mila euro
Nel dettaglio, Paolo Gentiloni percepirà una retribuzione di 30mila euro all’anno per il ruolo assunto con Ambrosetti. Il contratto ha una durata annuale, con possibilità di rinnovo, e rientra quindi in un quadro professionale ben definito. Il nome della società, “The European House – Ambrosetti”, è noto per il suo ruolo di think tank e per l’organizzazione del celebre forum di Cernobbio, che ogni anno riunisce i protagonisti della politica, dell’economia e della finanza.
Sebbene il compenso non sia particolarmente elevato rispetto agli standard delle alte cariche europee, non sono mancate polemiche e critiche. L’attenzione si è concentrata soprattutto sulla questione etica e sulla trasparenza della transizione tra pubblico e privato, un tema ricorrente quando ex vertici istituzionali assumono ruoli nel mondo del lobbying o della consulenza.

Le critiche di Daniel Freund
Tra le voci più critiche si è levata quella dell’europarlamentare Daniel Freund, eletto con i Verdi in Germania. Intervistato da Euractiv, Freund ha definito la decisione della Commissione europea “completamente assurda”, sottolineando i rischi legati alla percezione pubblica di indipendenza delle istituzioni. Per l’eurodeputato, l’ingresso di Gentiloni nel mondo della consulenza privata, seppur formalmente autorizzato, rappresenta un precedente problematico per l’intero sistema europeo.
Le sue dichiarazioni si inseriscono in un dibattito più ampio e ricorrente: quello sull’opportunità che ex commissari europei possano entrare rapidamente in strutture che esercitano influenza sui processi decisionali europei. È il caso, ad esempio, dell’ex presidente della Commissione José Manuel Barroso, che nel 2016 fu duramente contestato per aver accettato un incarico in Goldman Sachs subito dopo la fine del suo mandato.
Una prassi che solleva interrogativi ricorrenti
Anche in tempi recenti, episodi simili hanno riacceso la discussione. Basti pensare alla notizia, di pochi giorni fa, secondo cui Charles Michel, ex presidente del Consiglio europeo, è diventato visiting professor presso la China Europe International Business School. In casi come questi, la valutazione dell’impatto sull’immagine dell’Unione europea diventa centrale, anche se i regolamenti sono stati rispettati formalmente.
L’approvazione ricevuta da Gentiloni, dunque, non chiude il caso, ma lo inserisce in una riflessione più ampia che coinvolge l’intera architettura istituzionale dell’Unione. A fronte di regole precise, permane infatti un dibattito politico e culturale che interroga il rapporto tra incarichi pubblici e attività private. Un equilibrio delicato, che continuerà a far discutere.