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Andrea Monda: “Leone XIV sarà il Papa della dignità umana”

Pubblicato: 16/05/2025 17:49

Secondo Andrea Monda, direttore de «L’Osservatore Romano», il nuovo Papa, Leone XIV, è stato eletto dal conclave con il numero più alto di cardinali e tra i più brevi della storia recente, ma non per questo meno ricco di significati. Monda ci guida tra spiritualità, geopolitica e comunicazione con la chiarezza di chi osserva da vicino (e da dentro) il cuore pulsante della Chiesa. 

D: Quello che si è appena concluso è stato uno dei conclavi più brevi degli ultimi 150 anni. Gli appena quattro scrutini sufficienti per eleggere Robert Francis Prevost come successore di Jorge Mario Bergoglio rendono Leone XIV già da record. Désiré Tsarahazana, arcivescovo metropolita di Toamasina, all’uscita dal primo incontro del nuovo Papa con i cardinali convenuti a Roma per il Conclave ha detto che Prevost ha avuto molto più di 100 voti. Un dato significativo, lei credeva che avvenisse tutto così velocemente?

«Molti se l’aspettavano. Io, invece, vedevo una certa complessità nella situazione: non c’era mai stato un conclave con 133 elettori da 71 Paesi. Questa ricchezza pensavo potesse trasformarsi in una lentezza in più rispetto al passato. Invece, è stato tutto molto rapido». 

D: È stato il conclave più “social” di sempre: milioni di interazioni, meme, hashtag e un boom di follower per gli account del Vaticano. Questo clamore mediatico potrebbe aver inciso sulla rapidità con cui è stato eletto Prestov? 

«È stato il primo conclave al tempo dei social. Forse anche questo ha portato ad una forte esposizione dei cardinali che, spesso, loro malgrado, sono finiti al centro di un’attenzione nuova. Un conclave, da questo punto di vista, diverso dagli altri.

D: Quali sono le prime sfide che dovrà affrontare questo pontificato? 

«Il primo discorso di Leone dalla loggia parla chiaro: la pace al primo punto. E quindi ha parlato di guerre, ingiustizie e diseguaglianze. La scelta di chiamarsi Leone poi dice qualcosa: rimanda, come ha spiegato successivamente, alla Rerum Novarum di Leone XIII, ai problemi di un’economia che produce scarti, per dirla con Papa Francesco. Ma anche alle “cose nuove” del nostro tempo, come all’intelligenza artificiale, alla tecnologia che cambia la vita in modo accelerato. E poi la dignità del lavoro, della persona, il vuoto esistenziale che l’uomo contemporaneo vive. Lo ha accennato anche nella sua prima omelia in Cappella Sistina. Sarà il Papa della dignità umana». 

D: Allude al momento in cui il Papa ha fatto riferimento all’inquietudine di un mondo che sembra dimenticare Gesù? 

«Sì. Leone XIV ha parlato di un’umanità smarrita, senza punti di riferimento. Una fede debole, spesso mal direzionata, dove Gesù viene immaginato come un supereroe. Il Santo Padre ha spiegato: “Anche oggi non mancano i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente ad una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto”. È la crisi di senso che porta alle grandi fragilità. Non lo ha detto esplicitamente, ma forse in quel momento aveva in mente le “periferie esistenziali”, tema molto caro a Papa Francesco. Insomma, le sfide sono tante e tutte impegnative». 

D: Che differenza c’è tra un Papa gesuita e un Papa agostiniano? 

«Il gesuita cerca e trova Dio in tutte le cose, questa è una frase di sant’Ignazio. L’agostiniano, ovviamente, fa anche questo, ma innanzitutto cerca Dio dentro di sé, nell’interiorità. Sant’Agostino è l’uomo della coscienza, del “rientrare in sé stessi”. Ricorda? “Noli foras ire. In te ipsum redi. In interiore homine habitat veritas”. Sono due facce della stessa medaglia, perché poi anche Sant’Ignazio di Loyola parla di lotta interiore. Sono entrambi cammini mirati alla ricerca di Dio: uno, più missionario forse: è il gesuita che cerca nel mondo tracce di Dio e cerca di portare Dio nel mondo. L’altro fa la medesima cosa, ma insieme attua pure una ricerca interiore, dove trova sé stesso in Dio. Nel cuore inquieto dell’uomo, come diceva Sant’Agostino. Quest’inquietudine nasce da Dio che ci chiama e noi dobbiamo ascoltare la sua voce e rispondere». 

D: Questa dimensione si riflette anche nei simboli. La Segreteria di Stato Vaticana ha pubblicato l’immagine dello stemma scelto da Leone XIV, che reca il motto “In Illo Uno Unum”, ossia “In Cristo siamo una cosa sola”. Lo scudo dello stemma è diviso in due parti. A sinistra, il simbolo stilizzato del giglio bianco in campo azzurro che richiama la Vergine Maria. A destra, in campo bianco, il sacro cuore di Gesù, posto sopra un libro. 

«Leone XIV è un Papa mariano, come tutti gli ultimi pontefici. Due giorni dopo l’elezione è andato a Genazzano, al Santuario della Madre del Buon Consiglio. La prima cosa che ha fatto appena eletto è stato far recitare al popolo festante in piazza San Pietro l’Ave Maria. Maria è al centro. Quanto al motto, esso parte dalla consapevolezza che la Chiesa è piena di differenze, ma è animata da un unico spirito. Per dirla con le parole di San Paolo “vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito”. Prevost stesso, mi lasci aggiungere, è un uomo che ha già tante cose dentro di lui; è “meticcio”: statunitense e sudamericano, vista la sua esperienza in Perù; poi parla almeno quattro lingue. Questo è un riflesso della Chiesa della Pentecoste, chiamata a parlare in tutte le lingue. E il suo motto dice: tutto converge in Cristo, che è uno solo. La diversità non è divisione, è ricchezza».

 

D: Il fratello di Leone XIV, John Prevost, ha detto che il neo pontefice non sarà un “Papa ideologico”. A tal proposito vengono in mente le recenti affermazioni del cardinale lussemburghese Jean-Claude Hollerich, che ad «Avvenire» ha dichiarato: “Non abbiamo eletto un Papa anti-Trump. Abbiamo scelto un uomo di preghiera, un discepolo di Gesù, un timoniere che sappia guidare la Chiesa fra le onde della storia. Il fatto che sia un cittadino americano è una coincidenza. Anche perché Donald Trump passerà, mentre il Pontificato di Leone durerà a lungo”. Lei che ne pensa? 

«Di sicuro, il Papa è “pontefice”, quindi farà da “ponte” in tutte le situazioni che hanno bisogno di uomini che costruiscono ponti, anziché alzare muri. Certo, Trump è uno che in genere tende ad edificare questi ultimi, ma proprio per questa ragione bisogna dialogare e trovare i punti di ciò che unisce e sfuggire da ciò che divide. Leone XIV farà così con tutti, non soltanto con lui». 

D: Il pontificato di Prevost segnerà un nuovo corso anche sul piano geopolitico?

«Il nome scelto promette bene. Leone I è il papa che fermò Attila alle porte di Roma nel V secolo. Un riferimento potente alla difesa della pace in tempi turbolenti. Con questa decisione, Prevost sembra voler indicare un papato di fermezza e visione. È un nome che richiama autorità e coraggio».


Andrea Monda è uno scrittore e saggista italiano. Si è laureato in Giurisprudenza all’Università La Sapienza, per poi specializzarsi in Scienze Religiose alla Pontificia Università Gregoriana. Dal 2000 ha intrapreso la strada dell’insegnamento come docente di religione. Ha tenuto seminari sul rapporto tra cristianesimo e letteratura presso le Pontificie Università Lateranense e Gregoriana. Nel tempo ha collaborato con varie testate giornalistiche, tra cui «Avvenire» e «Il Foglio», e ha firmato recensioni per «La Civiltà Cattolica». Tra i suoi saggi più recenti: Benedetta umiltà. Le virtù semplici di Joseph Ratzinger (2012), Buongiorno professore (2017) e Raccontare Dio oggi (2018). Dal 2018 dirige il quotidiano «L’Osservatore Romano». 

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