
Ci sono episodi che, pur partendo da una tastiera, colpiscono al cuore del nostro tempo. Gesti che rivelano un disagio più profondo, una frattura nei codici di empatia e rispetto che dovrebbero essere alla base di ogni comunità scolastica e familiare. A volte, basta un click per mostrare quanto ancora ci sia da fare nella formazione delle coscienze.
È proprio in un contesto apparentemente ordinario che si è verificato un fatto tanto inquietante quanto emblematico, che ha generato sgomento e una riflessione urgente sull’educazione affettiva e civile dei più giovani.
“Chi meritava di più essere uccisa?”: la violenza normalizzata tra gli adolescenti
In una scuola secondaria del nord Italia, in una chat tra studenti, è comparso un sondaggio dal contenuto scioccante. La domanda, pubblicata in forma anonima, chiedeva “chi meritava di più essere uccisa?”, elencando nomi tristemente noti per essere state vittime di femminicidio: Giulia Tramontano, Mariella Anastasi e Giulia Cecchettin. A denunciare il fatto è stata una realtà impegnata da anni nella lotta alla violenza di genere, che ha reso pubblico lo screenshot del sondaggio attraverso i propri canali social.
“È difficile perfino scriverlo. È difficile crederci. Perché questa non è solo una bravata di cattivo gusto – si legge nel post dell’associazione – Non è una battuta, ma una mancanza totale di empatia ed è lo specchio della nostra società. Siamo davanti a un tessuto sociale che non capisce o non vuole capire quanto sia profonda la ferita del femminicidio”.
L’autore del sondaggio chiede scusa a tutti
“Sono mortificato per ciò che ho scritto e ritengo di dover porgere le mie scuse ai genitori di quelle donne, ai loro parenti e ai loro amici, a tutte quelle persone che hanno subito o subiscono episodi di violenza, alle mie compagne e ai miei compagni e a tutti coloro che restano giustamente sconcertati anche solo nell’apprendere simili notizie”, dice l’autore del sondaggio, che ha scritto una lettera. “Mi scuso umilmente per ciò che ho scritto – afferma -. Mi rendo conto della gravità delle mie parole, soprattutto nei confronti delle tre vittime, di tutte le vittime di femminicidio e di coloro che hanno perso una figlia, una madre, una familiare o un’amica in un modo così atroce. Non posso neppure immaginare il loro dolore, lancinante come se un pezzo di cuore fosse stato loro strappato all’improvviso, lasciando un vuoto che neppure il tempo potrà mai colmare”.
Dello stesso avviso il direttore del Moige, Antonio Affinita, che ha parlato di “specchio triste di una società senza empatia” e ha invocato un’azione educativa profonda: “Servono percorsi sulla parità, il rispetto, la dignità della persona. Il cambiamento parte da gesti quotidiani e da chi ha responsabilità educativa”. L’autore del sondaggio, poche ore dopo l’esplosione del caso, ha pubblicato un messaggio di scuse: “Sono mortificato e mi scuso con tutti”. Ma per molti, le parole non bastano più.