
Una semplice foto di conchiglie può davvero scuotere la politica americana? La risposta, sorprendentemente, è sì. È bastata un’immagine postata su Instagram dall’ex direttore dell’Fbi James Comey, poi rapidamente rimossa, a innescare una polemica infuocata. Lo scatto, che ritrae alcune conchiglie disposte sulla sabbia, è stato interpretato dai sostenitori più radicali di Donald Trump come un messaggio cifrato, una sorta di invito implicito alla violenza contro l’ex presidente degli Stati Uniti.
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L’oggetto dell’accusa riguarda la composizione numerica “8647”, ottenuta, secondo alcuni osservatori, dalla disposizione delle conchiglie nella foto. Numeri che, per chi sostiene la tesi dell’attacco simbolico, nasconderebbero un significato inquietante. La cifra “86”, come riportato dall’Associated Press, è un termine gergale che in inglese significa “sbarazzarsi di”, ma che in contesti recenti ha assunto il senso esteso di “uccidere”. Il numero “47”, invece, sembra riferirsi al 47esimo presidente degli Stati Uniti, ovvero lo stesso Donald Trump, che ambisce a tornare alla Casa Bianca con le elezioni del 2024.
Le accuse di Kristi Noem e l’intervento dei Servizi Segreti
A rilanciare con forza le accuse contro Comey è stata Kristi Noem, segretaria per la Sicurezza interna Usa e tra i più fedeli alleati politici di Trump. Attraverso un post su X (ex Twitter), Noem ha scritto: «Lo screditato ex direttore dell’Fbi, James Comey, ha appena invocato l’assassinio del presidente Trump». Un’affermazione gravissima, accompagnata dall’annuncio che il Dipartimento di Sicurezza interna (Dhs) e i Servizi Segreti americani avrebbero avviato un’indagine sul contenuto della fotografia, per verificare se si tratti effettivamente di una minaccia alla sicurezza del presidente.
Un portavoce dei Servizi Segreti ha confermato che l’agenzia «indaga attivamente su qualsiasi cosa possa essere considerata una potenziale minaccia per i nostri protetti» e ha precisato che «siamo a conoscenza dei post sui social media dell’ex direttore dell’Fbi e prendiamo molto sul serio retoriche come questa».
La replica di Comey: «Nessuna incitazione alla violenza»
Travolto dalla bufera mediatica, James Comey ha deciso di rimuovere il post, precisando pubblicamente che non intendeva in alcun modo incitare alla violenza. «Ho pubblicato una foto di alcune conchiglie che ho visto oggi passeggiando sulla spiaggia — ha scritto l’ex capo dell’Fbi —, che pensavo veicolassero un messaggio politico». Poi ha aggiunto: «Non mi era nemmeno passato per la mente che alcune persone potessero associare quei numeri alla violenza. Mi oppongo a qualsiasi forma di violenza, quindi ho deciso di rimuovere il post».
Le sue parole non sono però bastate a spegnere le polemiche. Alcuni commentatori provano a ridimensionare la vicenda, suggerendo che l’intento fosse al massimo quello di invocare l’impeachment o la rimozione dall’incarico di Trump. Ma altri, soprattutto nella destra trumpiana, hanno alzato ulteriormente i toni. Dan Scavino, vice capo dello staff della Casa Bianca durante la presidenza Trump, ha accusato Comey di aver «chiesto ai cattivi attori/terroristi di assassinare il presidente mentre è in missione in Medio Oriente».

James Comey: una figura sempre al centro delle polemiche
La vicenda delle conchiglie è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di scontri politici che hanno visto protagonista James Comey. Direttore dell’Fbi tra il 2013 e il 2017, fu nominato da Barack Obama e poi rimosso da Donald Trump nel maggio 2017. Durante il suo mandato, ha guidato due delle indagini più delicate e controverse degli ultimi anni: quella sull’utilizzo di un server privato di posta elettronica da parte di Hillary Clinton, e soprattutto quella sui presunti contatti tra la campagna elettorale di Trump del 2016 e il governo russo.
La sua figura è rimasta fortemente divisiva. Per molti democratici, Comey è responsabile di aver compromesso la candidatura di Clinton riaprendo l’indagine a pochi giorni dalle elezioni. Per i repubblicani, invece, è simbolo del cosiddetto “deep state” che avrebbe cercato di delegittimare Trump. In questo contesto, ogni sua dichiarazione o gesto assume una forte valenza simbolica, come dimostra anche la recente bufera.
Un clima politico sempre più polarizzato
Il caso dimostra quanto sia diventato fragile e teso il clima politico statunitense, in cui perfino una foto apparentemente innocua può diventare terreno di scontro ideologico. In un Paese che si avvicina a una nuova tornata elettorale cruciale, le parole, i simboli e persino i numeri possono trasformarsi in strumenti di battaglia.
La questione della libertà di espressione si intreccia così con quella della sicurezza presidenziale, mentre i confini tra provocazione, satira politica e incitamento alla violenza diventano sempre più difficili da tracciare. Il post di Comey ha sollevato interrogativi non solo sulle sue intenzioni, ma anche sulla capacità del dibattito pubblico americano di gestire il dissenso senza precipitare nella delegittimazione totale dell’avversario. Una sfida che gli Stati Uniti sembrano ancora lontani dal vincere.