
È un attizzatoio da camino, sporco di melma e ricoperto da una patina di anni, il reperto che sta catalizzando l’attenzione degli investigatori di Pavia. Recuperato insieme ad altri strumenti potenzialmente compatibili con l’arma del delitto, è emerso da un tratto di canale lungo poco più di trenta metri, alle spalle della vecchia casa di famiglia delle gemelle Cappa. Il recupero è avvenuto mercoledì grazie all’intervento del Nucleo speleo-fluviale e ai metal detector dei carabinieri, su mandato della Procura che ha deciso di riaprire l’indagine sull’omicidio di Chiara Poggi, dopo diciotto anni.
Prelievo del Dna anche alle Cappa e a Panzarasa
La scoperta ha portato a una nuova e vasta campagna di accertamenti. Il giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli ha disposto il prelievo del Dna non solo ad Andrea Sempio, nuovamente indagato, ma anche a una lunga serie di soggetti evocati da più parti, e da anni, attorno alla scena del delitto. Nomi che sembravano rimasti nell’ombra e che oggi tornano in primo piano. Tra questi spicca Marco Panzarasa, amico di Alberto Stasi e Chiara Poggi durante una vacanza studio a Londra, e all’epoca vicino anche a Stefania Cappa, sorella della gemella Paola, alla quale dava ripetizioni di diritto.

Proprio le due gemelle Cappa, legate da rapporti con più protagonisti della vicenda, saranno sottoposte a tampone salivare. Lo stesso vale per amici e frequentatori della villetta di via Pascoli nel 2007, tra cui Roberto Freddi e Mattia Capra, già perquisiti nei giorni scorsi, e Alessandro Biasibetti, oggi diacono ma all’epoca fidanzato con l’avvocata Angela Taccia, difensore di Sempio.
Tutti i nomi della nuova lista
L’elenco dei convocati comprende anche Giuseppe, Rita e Marco Poggi, familiari della vittima, oltre a tre investigatori che entrarono nella villetta nelle ore successive all’omicidio senza guanti: il tenente colonnello Giancarlo Sangiuliano, il maggiore Marco Pizzamiglio del Ris e il capitano Gennaro Cassese della compagnia di Vigevano. Con loro, anche il medico legale Marco Ballardini. Tutti potrebbero aver lasciato una traccia su quei reperti — oppure, al contrario, aiutare a escludere contaminazioni.
Sarà la genetista Denise Albani, nel corso dell’incidente probatorio fissato per il 17 giugno nei laboratori della Scientifica di Milano, ad analizzare i reperti. L’obiettivo è confrontare ogni profilo genetico rilevato con quelli già presenti sulle unghie di Chiara Poggi, due tracce che la consulenza dei pm — firmata dai genetisti Previderè e Grignani, già noti per il caso Yara — attribuisce ad Andrea Sempio. Proprio quella consulenza ha convinto la Procura a riaprire il caso, con un’udienza già fissata per il 24 ottobre in cui saranno discussi tutti gli esiti delle analisi.
L’elaborato sul delitto scritto da Sempio
Nel frattempo, Andrea Sempio è stato convocato in Procura martedì prossimo per il primo interrogatorio da quando è tornato formalmente sotto indagine. Tra i punti di interesse figura un dettaglio che lui stesso ha anticipato ai carabinieri durante la perquisizione: sul suo computer sarebbe presente un elaborato sul delitto di Garlasco, risalente a un corso di formazione frequentato nel 2013. All’epoca Stasi non era ancora stato condannato, e l’omicidio era stato oggetto di riflessione all’interno di una lezione di giornalismo. Gli investigatori stanno ancora analizzando il contenuto del file, ritenuto potenzialmente rilevante.
L’attizzatoio e gli altri oggetti: un possibile arsenale
Il reperto più discusso rimane l’attizzatoio da camino. Non solo perché potrebbe essere compatibile con una delle ferite sul corpo di Chiara, ma anche perché — secondo Rita Preda, madre della vittima — quello originale era sempre rimasto in casa, insieme agli altri attrezzi del camino: “Non manca e non è mai mancato”, aveva dichiarato in passato. L’attizzatoio ritrovato nel canale è dunque un oggetto estraneo, e la sua origine sarà ora cruciale.
Accanto a esso sono stati recuperati anche la testa di una mazzetta da muratore e due pezzi distinti di un’ascia — un lungo manico e la testa in metallo, arrugginita. Non si tratta del martello a coda di rondine che Giuseppe Poggi aveva denunciato come scomparso dal suo seminterrato nel luglio 2008, ma l’assonanza con un altro episodio inquieta: una mazzetta simile era sparita pochi giorni dopo il delitto dalla sede della Croce Garlaschese, frequentata da Stefania Cappa. La ragazza riferì ai magistrati che avrebbe dovuto incontrare Chiara il pomeriggio del 12 agosto, per un turno di volontariato. Un incontro mai avvenuto.
L’eco del passato, il peso del presente
Gli investigatori stanno ora cercando di stabilire se questi strumenti riemersi dal canale, rimasti sommersi per anni, siano compatibili con le ferite riscontrate sul corpo della ragazza uccisa nel 2007. La prova del Dna potrebbe escludere o rafforzare la loro rilevanza. Ma il valore simbolico del ritrovamento è già fortissimo: gli oggetti affiorano dal passato come fantasmi, riportando al centro della scena nomi, gesti e omissioni che il tempo aveva provato a seppellire.
In attesa delle risposte della scienza, è chiaro che l’inchiesta si è rimessa in moto. Il ritrovamento dell’attizzatoio ha scoperchiato una nuova stagione di ipotesi e sospetti. Il delitto di Garlasco non smette di inquietare. Né di interrogare.