
Nel cuore di un’America fatta di povertà e solitudine, dove i sogni di riscatto sembrano l’unica via di fuga da un destino segnato, un giovane uomo in cerca di speranza trova la sua occasione in un ambiente che dovrebbe essere dedicato alla cura e alla guarigione. Ma dietro una facciata anonima, quella possibilità di rinascita si trasforma presto in un incubo silenzioso.
Per quasi due decenni, ciò che accade tra le corsie di alcuni ospedali resta nell’ombra, celato da gesti apparentemente premurosi e da una routine ospedaliera che nessuno osa mettere in discussione. Ma a un certo punto, la verità comincia a emergere, e il volto tranquillo di un dipendente si rivela quello di uno dei più spietati assassini seriali della storia.

Un’infanzia spezzata e un odio che fermenta nell’ombra
Donald Harvey nasce in un piccolo centro rurale del Kentucky, in una famiglia di agricoltori poveri e profondamente legata a valori religiosi e patriarcali. In quell’ambiente chiuso e severo, scopre precocemente la sua omosessualità, ma ciò che dovrebbe essere una semplice realtà personale si trasforma in un peso insostenibile. “Essere effeminato e gay nel Kentucky orientale non era certo l’ideale”, dirà anni dopo.
Vittima di abusi da parte di un familiare e di un vicino, Donald abbandona presto la scuola e inizia a lavorare come ausiliario ospedaliero. È lì che la sua rabbia sommersa si manifesta nel modo più oscuro: nel 1970 uccide per la prima volta, soffocando un anziano paziente con un cuscino. Quel gesto sarà solo il primo di una lunga serie.
L’Angelo della Morte: uccidere tra corsie e silenzi
Per 17 anni, Harvey porta avanti una serie di omicidi con metodi sempre diversi e agghiaccianti: cibo contaminato, farmaci letali, virus iniettati, respiratori disattivati. Uccide anche fuori dagli ospedali, come nel caso del compagno Carl Hoeweler e di una conoscente, Diana Alexander, avvelenata “per dare una lezione”.
“Molti erano abbandonati, li ho liberati dalla sofferenza”, afferma, ma altrove ammette: “Sono gentile all’apparenza, ma capace di una ferocia profonda”.
La confessione e la fine violenta
Nel 1987, la morte sospetta di un paziente conduce all’arresto. Donald confessa 37 omicidi, ma il numero reale potrebbe essere 87. Evita la pena di morte e viene condannato all’ergastolo.
Nel marzo 2017, viene aggredito da un altro detenuto e muore in carcere. Aveva 64 anni. Così finisce la storia dell’uomo che si definiva un “liberatore”, ma che l’America ricorderà come l’Angelo della Morte.