
In un contesto in cui la quotidianità è stata stravolta e le speranze sembrano svanire, qualcuno ha continuato a credere nel potere salvifico dello sport. Una scelta non facile, che ha richiesto coraggio, tenacia e un amore profondo per i più piccoli. È in questo scenario che prende forma una delle storie più toccanti di questi mesi: quella di un giovane allenatore e della sua scuola calcio, rinata tra le tende di un campo profughi.
Nonostante tutto, aveva trovato la forza di continuare ad allenare, trasformando un pallone in un simbolo di resistenza. Le sue parole, i suoi gesti e i legami costruiti nel tempo, hanno raccontato più di ogni cronaca il dramma di chi prova a ricominciare, anche sotto le bombe.

Morte tra le macerie: addio a Mohammed Al Sultan
È morto a soli 23 anni Mohammed Al Sultan, giovane allenatore palestinese che aveva scelto di non arrendersi alla guerra. Con la sua scuola calcio Al Haddaf, trasferita nel campo profughi di Deir al Balah, cercava di offrire un rifugio di speranza ai bambini della Striscia di Gaza. La sua vita si è interrotta venerdì 16 maggio, quando un bombardamento ha distrutto l’abitazione di famiglia a Beit Lahia. Con lui hanno perso la vita il fratello minore Baha, 14 anni, anche lui calciatore, la moglie, i due figli e l’anziano padre.
Le operazioni militari israeliane, avviate con l’operazione “Carri dei Gedeone”, hanno colpito la zona con missili da navi, aerei e carri armati. Secondo fonti locali, alla popolazione era stato ordinato di evacuare, ma “non c’era nessun luogo sicuro dove fuggire”.
Un sogno sotto assedio: la scuola calcio e il legame con Napoli
Lo scorso dicembre, Mohammed aveva raccontato in un video: “Avevamo una scuola calcio fantastica a Beit Lahia. La guerra ha distrutto tutto, ma non ci siamo arresi. Ora vogliamo farla tornare più forte di prima”. Nel campo profughi aveva ritrovato molti dei suoi piccoli allievi e, con il cugino Wasim, aveva ripreso ad allenarli.
Grazie ai social, era nato un gemellaggio con lo Spartak San Gennaro di Napoli. I bambini italiani avevano potuto conoscere quelli di Gaza, creando un legame simbolico di solidarietà. Proprio da Napoli sono arrivati i primi messaggi di cordoglio dopo la tragica notizia.
L’orrore continua: parenti uccisi durante il recupero dei corpi
Il giorno seguente, mentre cercavano di recuperare i cadaveri tra le macerie, altri tre membri della famiglia Al Sultan sono morti a causa di un nuovo attacco. Un mese prima, durante un funerale, tre allievi della scuola calcio erano rimasti feriti da schegge di bombe: si chiamano Zain, Ahmed e Karim, hanno tra gli 8 e gli 11 anni. Anche loro, come Mohammed, volevano solo giocare.