
All’Organizzazione mondiale della sanità, l’Italia ha scelto la via dell’astensione sull’accordo pandemico, una decisione che l’ha collocata in un gruppo ristretto di undici Stati, tra cui Russia, Iran, Israele, Polonia e Slovacchia. L’accordo è comunque passato con l’approvazione di ben 124 Paesi e senza alcun voto contrario, segnando un momento chiave nel lungo percorso negoziale avviato dopo la pandemia da Covid-19.
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L’Assemblea mondiale della sanità, il più alto organo decisionale dell’Oms, ha formalmente adottato il testo come risultato di oltre tre anni di negoziati, nati con l’obiettivo di garantire al mondo una risposta più efficace ed equa di fronte a future crisi sanitarie globali. Una posizione non pienamente condivisa dall’Italia, che ha deciso di non sostenere il documento, pur senza opporvisi apertamente.
Le ragioni dell’astensione italiana
La posizione italiana, espressa attraverso una dichiarazione ufficiale del ministro alla Salute Orazio Schillaci, è stata dettata da indicazioni della presidenza del Consiglio. La motivazione principale dell’astensione risiede nella volontà di “riaffermare la sovranità degli Stati nella gestione delle questioni di sanità pubblica”, come sottolineato nella nota ministeriale.
Nella dichiarazione si evidenzia però anche un certo apprezzamento per l’equilibrio raggiunto nel testo finale, che non conferisce all’Oms poteri vincolanti sulle politiche nazionali. In particolare, viene accolta con favore la precisazione secondo cui l’accordo non obbligherà gli Stati ad adottare misure specifiche come lockdown, obblighi vaccinali, o restrizioni ai viaggi.
Il documento finale parla infatti soprattutto di cooperazione volontaria: dalla condivisione di dati e tecnologie alla possibilità di trasferire personale sanitario tra Paesi, passando per la creazione di una rete logistica globale per la gestione delle emergenze.

Accordo pandemico: cosa prevede
Nella sua forma definitiva, l’accordo pandemico pone l’accento su tre ambiti principali: prevenzione, preparazione e risposta a future pandemie. Sono escluse, come richiesto da numerosi governi, disposizioni che avrebbero potuto essere interpretate come una forma di ingerenza nelle scelte politiche e sanitarie nazionali.
Il testo prevede strumenti di coordinamento internazionale, ma non impone vincoli. Si punta invece a facilitare la condivisione di conoscenze, il trasferimento tecnologico e il rafforzamento delle infrastrutture sanitarie globali. Una visione multilaterale, dunque, che cerca di evitare nuove frammentazioni nella risposta globale alle crisi sanitarie.
Le ambiguità italiane e il ruolo dell’Oms
Nonostante l’astensione e le posizioni critiche espresse da alcuni settori della maggioranza, in particolare da ambienti vicini alla Lega, l’Italia continua a fare ampio riferimento all’Oms nei suoi documenti ufficiali. È il caso del Piano pandemico nazionale, ancora non approvato nonostante sia pronto da oltre un anno e mezzo.
Nella sua ultima bozza, il Piano pandemico cita l’Oms ben 53 volte, confermandone il ruolo centrale come riferimento tecnico-scientifico per la gestione delle emergenze. Un paradosso che sottolinea la contraddizione tra il piano politico e quello operativo: mentre si prende distanza dall’Oms sul piano internazionale, a livello interno le sue linee guida restano fondamentali.

Le tensioni interne e il dibattito politico
La decisione italiana di non votare a favore del documento è anche il riflesso di un dibattito politico ancora fortemente segnato dalle polemiche legate alla gestione della pandemia da Covid-19. Il termine inizialmente utilizzato, “trattato pandemico”, ha generato reazioni forti, soprattutto nell’area No Vax e tra esponenti della destra, inducendo i negoziatori a optare per la formula più blanda di “accordo”.
Nonostante queste modifiche, una parte della maggioranza resta convinta che il documento non sia coerente con le politiche che il governo metterebbe in atto in caso di nuova emergenza. La posizione italiana riflette dunque un equilibrio delicato tra la volontà di mantenere autonomia decisionale e la necessità di collaborare su scala globale per prevenire e affrontare nuove pandemie.
Conclusioni
L’astensione dell’Italia sull’accordo pandemico dell’Oms rappresenta un gesto politico che non altera il percorso dell’accordo, ma lo carica di significati simbolici. Da un lato, Roma vuole sottolineare l’importanza della sovranità nazionale in ambito sanitario; dall’altro, resta ancorata alle direttive dell’Oms per la pianificazione interna. Un doppio binario che mostra tutte le contraddizioni della gestione italiana del post-Covid e che lascia ancora aperte numerose questioni politiche e operative.