
Un’operazione imponente, tre filoni investigativi, novantasette arresti. È questo il bilancio dell’inchiesta antimafia “Millenium”, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e dal ROS, che ha colpito duramente la rete della ‘ndrangheta, agendo non solo in Calabria ma anche in numerose città italiane, da Milano a Torino, da Roma a Verona, fino alla Sardegna e oltre.
Coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore facente funzione Giuseppe Lombardo, l’indagine punta a fare luce sui nuovi assetti e sulle modalità operative attuali dei clan calabresi, dopo la stagione dei maxi-processi che avevano già descritto l’organizzazione mafiosa come unitaria e centralizzata sin dalla prima guerra di ‘ndrangheta.
Nel mirino dell’inchiesta finiscono famiglie storiche come gli Alvaro e i Barbaro-Papalia, casati che hanno segnato la storia criminale calabrese dai tempi del latifondo. A legare tutto, ancora una volta, sono gli affari legati al narcotraffico internazionale, gestiti da una struttura sovraordinata ai singoli clan, che continua a esercitare il monopolio sull’importazione di cocaina dal Sud America all’Europa.

Non si tratta più, come si pensava in passato, di operazioni isolate o accordi occasionali tra famiglie, ma di un sistema rodato e stabile, una sorta di holding mafiosa che regola traffici e infiltrazioni con la stessa logica delle grandi aziende. Come emerso anche nell’inchiesta Gotha, i clan non si limitano a sostenere singoli candidati: condizionano intere assemblee legislative, piazzano figure “in vitro” e trasformano la pubblica amministrazione in uno strumento di potere e finanziamento illecito.
A conferma di questa pervasività, le accuse contestate agli arrestati spaziano da associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti, a estorsione, sequestro di persona, porto illegale di armi e scambio elettorale politico-mafioso. Due società, una attiva nella ristorazione, l’altra nell’edilizia, sono state poste sotto sequestro preventivo, ritenute funzionali alla gestione e al riciclaggio dei proventi criminali.
Il procuratore Lombardo, che da anni indaga sulla struttura della ‘ndrangheta, ha parlato di “un esercito di 60mila affiliati” e ha lanciato un appello alla società civile: “Basta silenzi. Lo Stato da solo non basta”. Un messaggio chiaro che richiama alla responsabilità collettiva nel contrasto a una delle organizzazioni criminali più potenti e ramificate d’Europa.