
Un gesto simbolico trasforma l’Aula della Camera dei Deputati in un campo di tensione politica e istituzionale. Nel corso di una seduta parlamentare, i deputati di Alleanza Verdi e Sinistra hanno esposto delle bandiere della Palestina durante l’intervento del segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, in segno di protesta e solidarietà. L’azione ha scatenato l’immediata reazione del vicepresidente dell’Aula, Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, che ha interrotto il discorso del deputato, ordinando la rimozione dei vessilli e la restituzione agli assistenti parlamentari.
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La protesta simbolica in Aula
Il gesto dei parlamentari di AVS nasce da una volontà dichiarata di manifestare pubblicamente la solidarietà al popolo palestinese, in un momento in cui il conflitto in Medio Oriente continua a generare tensione anche nel dibattito politico italiano. Mentre Fratoianni prendeva la parola per sostenere la linea del proprio gruppo, i colleghi hanno srotolato e mostrato le bandiere della Palestina, un atto che ha immediatamente attirato l’attenzione della presidenza dell’Aula.
L’intervento del deputato si è subito trasformato in un’accusa forte contro quella che ha definito una “infamia” legata all’atteggiamento delle istituzioni italiane sulla questione mediorientale: “Se non sarete voi a tirarci fuori da questa infamia, saranno gli italiani e le italiane”, ha detto Fratoianni, riferendosi alla popolazione civile che, a suo dire, continua a manifestare il proprio dissenso anche solo esponendo una bandiera al balcone.

La reazione del vicepresidente Rampelli
Ma l’intervento non ha avuto il tempo di concludersi. Il vicepresidente Rampelli, che presiedeva la seduta, ha richiesto formalmente l’intervento degli assistenti parlamentari per rimuovere le bandiere: “Tirate giù le bandiere per cortesia. Gli assistenti parlamentari intervengano. Togliamo la parola al deputato Fratoianni”. Un gesto che ha interrotto bruscamente il dibattito e acceso ulteriormente il confronto tra le diverse anime del Parlamento.
L’episodio evidenzia una frattura istituzionale sempre più profonda tra chi considera legittima l’espressione simbolica di una posizione politica in Aula, e chi invece la ritiene una violazione del regolamento e della neutralità dello spazio parlamentare.
Il significato politico delle bandiere
L’esposizione della bandiera palestinese in Parlamento ha un valore che va ben oltre il gesto in sé. È un atto che si inserisce in un contesto di mobilitazione internazionale, ma anche in un clima politico italiano che appare sempre più diviso tra chi denuncia un genocidio in corso a Gaza e chi, come il governo guidato da Giorgia Meloni, continua a sostenere posizioni più caute o allineate alla linea internazionale di alleati come Israele.
Fratoianni, nel suo discorso interrotto, ha sottolineato come anche semplici cittadini, con piccoli gesti quotidiani, stiano tentando di restituire dignità all’Italia, contrapponendosi simbolicamente alle decisioni istituzionali. Ha fatto riferimento a quelle situazioni in cui le forze dell’ordine rimuovono le bandiere palestinesi dai balconi, segno – a suo dire – di un tentativo di silenziare la coscienza civile.
Un Parlamento spaccato
L’episodio conferma la polarizzazione in atto nella politica italiana su temi internazionali di alta sensibilità. L’intervento del vicepresidente Rampelli non è stato un semplice richiamo al regolamento, ma una presa di posizione netta contro un certo tipo di linguaggio politico simbolico. E mentre l’Aula resta divisa tra chi denuncia violazioni dei diritti umani e chi rivendica la necessità del rispetto formale delle regole, il dibattito rischia di perdere di vista la sostanza delle questioni che lo animano.
Nel cuore delle istituzioni, dove il confronto dovrebbe essere garantito, la rimozione della parola e dei simboli diventa allora una metafora della difficoltà, in Italia, di affrontare apertamente la questione palestinese. Un tema che continua a generare forti reazioni, a ogni livello, nella società e nella politica del Paese.