
Durante l’ultima puntata di DiMartedì, il programma di approfondimento politico in onda su La7 e condotto da Giovanni Floris, è andato in scena un duro attacco di Alessandro Di Battista alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Tema centrale del dibattito: la posizione dell’Italia e dell’Unione europea sul conflitto nella Striscia di Gaza, e in particolare la possibilità di rivedere gli accordi commerciali con Israele per presunte violazioni dei diritti umani.
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Il voto europeo e l’assenza dell’Italia
Il Parlamento europeo ha visto 17 Paesi votare a favore della revisione dell’accordo commerciale con Israele. A distinguersi per la loro astensione o contrarietà sono stati Italia e Germania, scelta che ha suscitato forti critiche tra le forze politiche e l’opinione pubblica. Secondo Di Battista, questo voto è l’ennesima prova di una linea politica ambigua e colpevole da parte dell’esecutivo italiano.
“Meloni prende le distanze – ha dichiarato l’ex deputato del Movimento 5 Stelle – perché non ha fatto nulla dall’8 ottobre, da quando è iniziato il genocidio in Palestina”. Parole forti, che non lasciano spazio a interpretazioni: per Di Battista, il governo italiano ha mantenuto il silenzio proprio nei momenti in cui sarebbe stato necessario un posizionamento chiaro in difesa della popolazione civile palestinese.
Accuse dirette alla presidente del Consiglio
L’intervento di Di Battista si è trasformato in una vera e propria requisitoria contro Giorgia Meloni. “Ricordo che il primo leader a cui ha telefonato dopo la vittoria elettorale è stato Netanyahu – ha affermato – e fondamentalmente Giorgia Meloni sostiene politicamente il genocidio in Palestina. Questa è la realtà”. Un’affermazione gravissima, che imputa alla premier una responsabilità morale e politica per le scelte (o non-scelte) compiute nei mesi successivi allo scoppio del conflitto.
Secondo Di Battista, la presidente del Consiglio avrebbe potuto intraprendere diverse azioni concrete, ma ha scelto “il silenzio, la complicità, la pavidità e il giustificazionismo peloso”. Un’accusa che si traduce in una condanna senza appello: “Oggi, politicamente parlando, ha le mani sporche del sangue dei bambini e dei neonati palestinesi”.

Le critiche all’Unione europea
Nel mirino dell’ex parlamentare non c’è solo l’Italia. Anche l’Unione europea viene accusata di immobilismo e ipocrisia. Di Battista ha evidenziato come, di fronte alla guerra in Ucraina, l’UE abbia varato ben 17 pacchetti di sanzioni contro la Russia, mentre nessuna misura sanzionatoria è stata presa nei confronti di Israele, definito come uno “Stato terrorista e genocida”.
La differenza di trattamento tra i due conflitti, secondo Di Battista, dimostra una doppia morale nella gestione delle crisi internazionali, dettata più da interessi geopolitici che da un reale impegno per la tutela dei diritti umani. “Solo ora, evidentemente costretti dalle pressioni dell’opinione pubblica e dalle grandi manifestazioni europee, alcuni leader hanno deciso di discutere la possibilità di cancellare accordi con Israele. Ma neppure questo è stato accettato da Meloni e dalla Germania”.
Un intervento che divide l’opinione pubblica
Le parole di Alessandro Di Battista hanno immediatamente diviso il pubblico, tra chi apprezza il coraggio della denuncia e chi invece lo accusa di strumentalizzazione politica. Tuttavia, il suo intervento ha avuto il merito di riaccendere il dibattito su un tema che spesso fatica a trovare spazio nel confronto parlamentare e mediatico italiano: il ruolo del nostro Paese nei teatri di guerra internazionali e la coerenza della sua politica estera rispetto ai principi umanitari e costituzionali.
Nel contesto di una guerra che continua a mietere vittime tra i civili e che pone l’Europa di fronte a scelte morali difficili, le accuse rivolte alla premier aprono una riflessione profonda sulla responsabilità delle istituzioni democratiche in tempo di conflitto. E sulla necessità, secondo voci come quella di Di Battista, di scegliere da che parte stare.