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L’impronta di Sempio, la verità: il perché della “macchia rossa”

Pubblicato: 21/05/2025 16:51

Il mattino del 20 maggio si apre con un fascio di luce che filtra attraverso i vetri del Palazzo di Giustizia di Pavia: in Procura arriva un faldone destinato a scuotere il caso di Garlasco. È la consulenza tecnica dattiloscopica, l’atto che inchioda un’impronta finora catalogata come “33” al palmo destro di Andrea Sempio, unico indagato nel nuovo filone sull’omicidio di Chiara Poggi.

15 punti di corrispondenza
Gli esperti Gianpaolo Iuliano e Nicola Caprioli illustrano il cuore della scoperta: quindici “minuzie dattiloscopiche”, ovvero micro-caratteristiche del solco epidermico, combaciano perfettamente tra la traccia rinvenuta sulle scale della villetta e il palmo di Sempio. «Abbiamo impiegato nuove tecnologie hardware e software», spiega Caprioli, «per sovrapporre i rilievi con precisione millimetrica». Il procuratore Fabio Napoleone conferma: «L’impronta 33, evidenziata con la ninhidrina, appartiene al palmo destro di Sempio».

Il colore non inganni
Non esistono tracce di sangue nell’impronta: l’esame “Obti test” – specifico per globuli rossi – dà esito negativo. La colorazione rossastra che balza agli occhi deriva dal reagente chimico usato per far emergere la traccia latente su intonaco poroso, non da residui ematici. Napoleone, con una nota ufficiale, invita alla massima cautela: «Nel documento tecnico la parola “sangue” non compare mai».

Una presenza nota
La difesa non si lascia sorprendere: gli avvocati Angela Taccia e Massimo Lovati ricordano che “Andrea ha frequentato ogni angolo della casa, tranne la camera da letto dei genitori di Chiara e Marco”. Per loro, il ritrovamento di un’impronta non è una svolta clamorosa, ma la conferma di un passaggio noto già da tempo.

Un tassello prezioso, non risolutivo
L’impronta non è databile, perciò non lega Sempio al momento esatto del delitto. Resta però uno dei pochi rilievi concreti emersi sulla scena del crimine: potrà essere integrato in un incidente probatorio imminente, insieme ad altri reperti.

Mentre Pavia trattiene il respiro, la dattiloscopia aggiunge un capitolo cruciale al processo lungo diciotto anni. Quel palmo rimane inciso sulle scale di Garlasco, come un passaggio che non può più essere ignorato.

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