
La decisione del Consiglio dei ministri di impugnare la legge che estende da due a tre i mandati del governatore in Provincia di Trento ha innescato una scossa politica dirompente, scuotendo le fondamenta del centrodestra locale. Con un decreto lampo, il presidente Maurizio Fugatti ha ridisegnato la giunta, spostando deleghe e relè: ad Achille Spinelli è affidata la vice presidenza e l’intero dossier famiglia, mentre l’esponente di Fratelli d’Italia, Francesca Gerosa, perde gran parte delle sue competenze, mantenendo solo istruzione, cultura, giovani e pari opportunità.
Il battito d’ali ministeriale è avvenuto dopo che, in Cdm, la Lega aveva difeso con compatto fronte l’autonomia trentina, trovandosi però in minoranza. Solo a bocce ferme Fratelli d’Italia ha aperto un dialogo, ma l’effetto boomerang non si è fatto attendere: Fugatti ha tuonato di fronte a quella che ha definito una “grave violazione del patto autonomistico” e ha annunciato ricorso alla Consulta per difendere la legge.
In un clima di reciproche accuse, l’assessora Gerosa è stata di fatto silurata dalle deleghe chiave sulla natalità e lo sport, trasferite all’assessore Mattia Gottardi, che guadagna nuove competenze su aree protette e trasporti. La mossa è stata subito letta come una ritorsione verso il partito di Giorgia Meloni, accusato di aver tradito l’alleanza sui temi dell’autonomia.
Ora avanti sui due fronti: Roma dovrà motivare la forzatura alla legge di Trento davanti alla Corte costituzionale, mentre in piazza Dante i consiglieri leghisti assediano la sede del Consiglio per chiedere chiarimenti. Un’“autonomia” sull’orlo del crac politico, con le incognite sul futuro assetto della coalizione e il rischio di strappi irreparabili tra i partner di governo.