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Trump mette paura al mondo, pronto a sfilarsi: “In Ucraina una guerra tra europei”

Pubblicato: 21/05/2025 07:20

Una telefonata, uno sbilanciamento improvviso, e una certezza che vacilla. Il coinvolgimento americano nel conflitto in Ucraina sembra giunto a un bivio, mentre l’Europa osserva preoccupata. I segnali? Confusi, contraddittori, ma sufficienti a far tremare più di una cancelleria.

Trump e Ucraina: il segnale (ambiguo) della telefonata

Donald Trump ha parlato con Vladimir Putin, e subito dopo con Volodymyr Zelensky e i principali leader europei. Secondo quanto riportato da Axios, il presidente USA avrebbe «dato l’impressione di essere vicino a ritirarsi del tutto dalla questione». Aggiungendo inquietudine, alcune fonti descrivono leader europei “sorpresi” e “scioccati” dalla conversazione.

Tra i partecipanti, anche Giorgia Meloni, che si è unita dopo le discusse assenze dai vertici di Kiev e Tirana. Accanto a lei, Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Keir Starmer e Donald Tusk. Ma quello che ha veramente allarmato le capitali europee è stata la sensazione netta che gli Stati Uniti stiano valutando un passo indietro nel ruolo di garanti della mediazione.

Le dichiarazioni di Trump: mediazione o fuga?

«Se non succede qualcosa, mi tiro indietro», ha detto Trump ai giornalisti nello Studio Ovale. E ancora: «Questa era una situazione europea e sarebbe dovuta rimanere tale». Un atteggiamento che ha gettato nel caos l’interpretazione della sua strategia. L’impressione è quella di una posizione instabile, che oscilla tra la volontà di “chiudere la guerra in 24 ore” e la crescente stanchezza per lo stallo diplomatico, che Trump attribuisce all’Europa e all’amministrazione Biden.

La Repubblica ha sottolineato come Trump appaia sempre più «impaziente e pronto a scaricare la responsabilità su altri», e come la sua ambiguità sia in realtà parte di una narrazione consolidata: quella dell’“America prima”, anche in politica estera.

A rafforzare l’ipotesi di un disimpegno, le dichiarazioni di Marco Rubio («non continueremo a volare per il mondo facendo incontri senza progressi») e JD Vance («questa non è la nostra guerra»). E soprattutto la resistenza alle nuove sanzioni contro la Russia. Axios riferisce che, durante la call, Trump avrebbe detto di «non pensare che sia una buona idea» perché Putin “vuole un accordo”. Una convinzione che, secondo Ivo Daalder, ex ambasciatore alla NATO, «è frutto di un’illusione»: «Sta cercando una via d’uscita che gli permetta di non ammettere il fallimento. Trump non fallisce mai», ha dichiarato al Corriere della Sera.

Europa, Italia e il nodo delle garanzie future

L’Europa intanto prova a reagire. Come racconta Francesca Basso, è stato varato il 17° pacchetto di sanzioni contro la Russia, che colpisce 189 petroliere della cosiddetta flotta ombra, portando a 342 il numero totale di navi sanzionate. Ma l’obiettivo ucraino resta abbassare il tetto al prezzo del petrolio russo: oggi è a 60 dollari al barile, Kiev vuole scendere sotto i 30.

L’Italia, dopo le polemiche sui vertici disertati, è rientrata nel gioco. Durante la call con Trump, Meloni ha chiesto un cessate il fuoco di almeno due settimane e ha insistito con Merz sulla necessità di coinvolgere maggiormente gli europei nei negoziati: «Qualcuno deve fare da giudice», ha detto. Anche Guido Crosetto, in un’intervista a Paola Di Caro, ha ribadito la necessità di una difesa europea integrata, che prevede «l’integrazione operativa delle forze armate esistenti e un comando unico, come nella NATO».

Ma il vero nodo, secondo la Repubblica, non sono più le concessioni territoriali, bensì le garanzie di sicurezza per l’Ucraina: Kiev vuole un impegno automatico in caso di nuova aggressione russa. Ma né Trump, né Biden, né i leader europei hanno mai detto “sì”. E finché questo punto resterà irrisolto, lo stallo sarà destinato a durare.

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