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Nada Cella, la svolta nelle indagini: “Ecco come l’hanno uccisa”

Pubblicato: 22/05/2025 17:49

Il tempo non cancella il dolore. Non toglie il bisogno di giustizia. Una giovane donna trovata morta nel luogo di lavoro. Una famiglia rimasta senza risposte per decenni. Una comunità ancora ferita. Il ricordo dell’orrore resta forte. Nessuno dimentica.
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Le indagini hanno avuto molte ombre. Dubbi, silenzi, omissioni. Le domande sono rimaste aperte per anni. Le piste si sono intrecciate. Solo negli ultimi tempi la verità sembra più vicina. Il lavoro di chi ha creduto fino in fondo ha riaperto il caso.

Il processo è in corso. I testimoni raccontano. Le immagini tornano nella mente di tutti. Gli atti svelano la brutalità. I dettagli scuotono anche i più distanti. Il clima resta teso. Le parole pesano. La giustizia cerca di ricostruire ogni momento.

Accuse e ricostruzione dell’omicidio

Nel processo per l’omicidio di Nada Cella, l’accusa punta il dito su Anna Lucia Cecere. L’ex insegnante, oggi residente a Boves, viene indicata come la persona che ha ucciso la giovane segretaria nello studio del commercialista Marco Soracco il 6 maggio 1996. Secondo la procura, Soracco sapeva tutto ma ha scelto il silenzio. Per questo è accusato di favoreggiamento.

Gli agenti della polizia scientifica hanno raccontato i dettagli. Secondo la vice dirigente Daniela Campasso, il sangue trovato in ogni angolo della stanza racconta un’aggressione feroce. Chi ha colpito Nada lo ha fatto prima in piedi, poi ancora mentre lei era già a terra. Un gesto violento, senza controllo.

Il primo colpo sarebbe partito appena Nada ha aperto la porta. Il killer avrebbe usato un ferma carte in onice. Poi, secondo il consulente Cosimo Cavalera, ha afferrato una spillatrice dalla scrivania e ha continuato a colpire. La violenza è proseguita nella stanza interna dello studio.

Le tracce e gli oggetti scomparsi

Gli investigatori hanno trovato microtracce di sangue dietro i mobili e vicino all’ingresso. Segni che la madre di Soracco, incaricata delle pulizie, non ha eliminato. Un altro oggetto finito sotto i riflettori è un portaombrelli, ritrovato in cucina con tracce di sangue. Un dettaglio ritenuto anomalo.

In aula ha parlato anche Paola Mazzini, all’epoca praticante nello studio. Fu lei a notare la mancanza della spillatrice il giorno dopo l’omicidio. Ma davanti ai giudici ha detto di non ricordare nulla. Il presidente della corte, Massimo Cusatti, ha più volte chiesto uno sforzo, vista la gravità dei fatti.

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