
Ci sono storie che attraversano i decenni come ferite mai rimarginate, sospese tra il dolore di chi resta e le sentenze della giustizia. Vicende segnate da interrogativi, colpi di scena, dichiarazioni di innocenza e processi discussi. In questi casi, il tempo non spegne il clamore, ma spesso lo alimenta, riaprendo ferite mai del tutto chiuse.
Quello che si appresta ad accadere in queste ore è il capitolo finale di un lungo percorso giudiziario. Una vicenda che ha segnato profondamente una comunità e che oggi torna al centro dell’attenzione nazionale per l’imminente esecuzione di una sentenza capitale.
A quasi 35 anni dal triplice omicidio, scatta l’esecuzione
Oscar Franklin Smith, oggi 75enne, è rinchiuso nel braccio della morte dal 1990. Questa mattina, alle 10 ora locale, lo Stato del Tennessee darà corso alla sua condanna tramite iniezione letale, nel penitenziario di Riverbend, struttura ad alta sicurezza.

Smith è stato ritenuto responsabile del brutale omicidio della sua ex moglie Judy Smith e dei due figli adolescenti di lei, Chad e Jason Burnett, avvenuto nella notte tra il 1 e il 2 ottobre 1989 a Nashville. Il caso si aprì con una chiamata al 911 che, però, non portò a scoperte immediate. Solo il giorno dopo un vicino di casa entrò nell’abitazione, scoprendo i tre cadaveri. Le vittime presentavano gravi ferite da taglio e, nel caso di Judy e Chad, anche colpi d’arma da fuoco.
L’indagine si focalizzò subito su Smith, con un passato di denunce per violenza domestica e un divorzio in corso con la vittima. “Frank, no. Dio, aiutami!”, sarebbe stato il grido del giovane Chad, secondo una registrazione audio al centro del processo. Tra le prove principali, anche un’impronta insanguinata sul letto e polizze assicurative stipulate pochi mesi prima degli omicidi.
Una lunga battaglia legale e l’accusa di tortura
Smith ha sempre proclamato la propria innocenza, sostenendo di aver lasciato la casa prima dell’ora del delitto. I suoi legali hanno denunciato irregolarità processuali, tra cui contraddizioni nelle prove fisiche e parzialità della giuria.
Nel 2022, l’esecuzione fu sospesa a un’ora dall’attuazione, a causa di anomalie nei protocolli dell’iniezione letale. Ma oggi, il governatore Bill Lee ha dichiarato di non voler intervenire, dopo “un’attenta valutazione”. Restano attive le contestazioni sul protocollo stesso, ritenuto da alcuni “una forma di tortura”, anche per l’utilizzo del pentobarbital, la cui provenienza continua a sollevare dubbi.