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Garlasco, gemelle Cappa contro Feltri (con l’aiuto del padre). Quella traccia sulla porta mai considerata

Pubblicato: 23/05/2025 09:34

Ci sono storie che non smettono mai di interrogare l’opinione pubblica, anche a distanza di anni. Vicende giudiziarie che sembravano chiuse, ma che all’improvviso tornano a scuotere le coscienze con nuovi elementi, riaprendo ferite e dubbi che si credevano superati.

A volte, ciò che si pensava certo viene messo in discussione. La verità giudiziaria, sancita da sentenze definitive, può entrare in crisi davanti a nuovi indizi, nuove piste investigative o dettagli rimasti nell’ombra troppo a lungo. E il mistero, anziché dissolversi, si infittisce.

L’ombra lunga del delitto: l’indagine cambia direzione

L’omicidio avvenuto nel 2007 in una tranquilla località lombarda torna al centro dell’attenzione. Dopo la condanna definitiva di Alberto Stasi, fidanzato della vittima, gli inquirenti stanno valutando nuove ipotesi, mettendo in dubbio le certezze acquisite fino a questo momento.

Ora l’interesse si concentra su Andrea Sempio, amico del fratello della ragazza uccisa, a cui è riconducibile la cosiddetta “impronta 33”, rilevata su una parete accanto al luogo del ritrovamento del corpo. “Sono stato in tutte le stanze di quella casa, logico che ci siano le mie impronte”, si è difeso Sempio. Ma ci sono altri elementi che stanno emergendo e che rendono il quadro ancora più complesso.

Intercettazioni e pressioni: il ruolo della famiglia Cappa

A gettare nuova luce sulla vicenda sono alcune intercettazioni telefoniche risalenti all’agosto 2007, riguardanti la famiglia Cappa, imparentata con la vittima. Le conversazioni, registrate mentre il telefono di casa era sotto controllo, vedono protagonista Ermanno Cappa, zio della ragazza, che avrebbe esortato la figlia Stefania a “stare calma” e “non andare davanti alle telecamere a fare ridere i polli”.

Cappa avrebbe inoltre annunciato alla moglie un incontro a Roma con esponenti della Camera per contrastare il giornalista Vittorio Feltri, notoriamente convinto dell’innocenza di Stasi, con l’obiettivo di scoprire chi gli fornisse documenti a favore dell’imputato.

Ci sono storie che, nonostante il tempo trascorso, continuano a generare interrogativi e alimentare dibattiti.Vicende giudiziarie complesse che, quando sembrano giunte a una conclusione, si riaprono su binari inattesi, coinvolgendo nuovi protagonisti, retroscena e dettagli mai del tutto chiariti.

È in questi contesti che il confine tra giustizia, media e sentimenti personali si fa labile. Le dinamiche familiari, le pressioni esterne, le prese di posizione pubbliche e le strategie private s’intrecciano in un racconto che si complica di giorno in giorno, rendendo difficile distinguere tra verità e suggestione.

Intercettazioni, pressioni e strategie riservate

Dalle nuove intercettazioni emerse, si aprono scenari delicati intorno alla figura dell’avvocato Ermanno Cappa, zio della vittima. I colloqui telefonici – registrati nel 2007 durante l’attività investigativa – lo vedono intento a orchestrare incontri con esponenti istituzionali, con l’obiettivo di “fermare certe voci” e contrastare il giornalista Vittorio Feltri, colpevole – secondo lui – di sostenere l’innocenza di Alberto Stasi.

“Stiamo calme, sto facendo un lavoro molto minuzioso”, avrebbe detto Cappa alla figlia Stefania, raccomandandole di evitare esposizioni mediatiche: “Non andare davanti alle telecamere e fare ridere i polli”. In un’altra telefonata avrebbe comunicato alla moglie un viaggio a Roma, dove avrebbe incontrato “un alto dirigente del garante della privacy” e il senatore A.C., da lui definito come “uno che si sta muovendo”.

A riaprire il caso è una nuova perizia che collega Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, a un’impronta rilevata all’interno della villetta del delitto. Si tratta della cosiddetta “impronta 33”, localizzata nei pressi del cadavere e ora attribuita al giovane. Intanto, secondo le stesse intercettazioni, “alti funzionari del Garante e dell’Ordine dei giornalisti hanno già cazziato La Stampa di Torino”.

I vocali contesi e la pista mediatica

Anche Fabrizio Corona entra nella vicenda, dichiarando su “Falsissimo” che Francesco Chiesa Soprani avrebbe tentato di vendergli i vocali scambiati con Paola Cappa per 20mila euro. Corona avrebbe rifiutato, sostenendo che “non aggiungono nulla alla vicenda”, ma ha poi avvisato Bruno Vespa per valutare la situazione.

L’avvocato Solange Marchignoli, legale di Chiesa Soprani, ha confermato a “Storie Italiane” che i 186 messaggi vocalisaranno consegnati alla Procura: “Se possono contribuire, bene. Altrimenti, nulla. Chi agisce in buona fede lo fa per cercare la verità”.

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