
“L’impronta di Sempio sul muro? Ha scarsissima valenza. Il dna sulle unghie di Chiara? Idem. Il falso alibi dello scontrino? Nessuna falsità. Quegli strani post? Irrilevanti”. Così Massimo Lovati, decano dei penalisti di Vigevano, liquida le presunte prove contro Andrea Sempio in un’intervista su Corriere, che difende insieme all’avvocata Angela Taccia. “I pm? Sono i miei avversari”, aggiunge senza mezzi termini.
Con oltre cinquant’anni di esperienza alle spalle, Lovati affronta il “cold case di Garlasco” con una determinazione feroce: “A 73 anni mi sono preso a cuore l’assurda vicenda di questo giovane innocente che vorrei salvare”.

Impronte, consulenze e sfiducia
Sull’impronta che ha riacceso l’interesse mediatico: “Non ha valore, perché proviene da consulenti di parte. Non li conosco, ma avrò i miei esperti”. Anche davanti ai 15 punti coincidenti sostenuti dal RIS di Roma, il penalista replica: “Fossero anche la Santissima Trinità, io contesto. Sono come San Tommaso, per credere devo vedere”. Non crede neanche al presunto “forte indizio”: “Facciano un altro incidente probatorio e nominiamo un perito super partes”.
“Nessun tranello, ma la Procura non è mia amica”
Sull’interrogatorio mancato: “Mancava un requisito formale. Ma è stato meglio così. Se Sempio fosse andato, lo avrebbero colto alla sprovvista. Non dimentichiamoci che la Procura è la mia controparte. Io non vado da loro, vado solo se obbligato”.
Quanto al famoso “lotta dura senza paura” postato dalla collega Taccia: “E quante ne dite voi per fare spettacolo? Questo è un circo. State facendo il processo alla mia giovane collega, poverina, perché ha scritto una frase che non sta né in cielo né in terra e in questo avete ragione. Le è sfuggita, la chiamerei similitudine, un’enfasi se vuole, Cicerone era maestro di queste cose: non siamo in guerra, insomma, non solleviamo inutili questioni”.

Il giorno dell’interrogatorio la sua collega ha scritto «guerra dura senza paura». Cosa ne pensa?
«E quante ne dite voi per fare spettacolo? Questo è un circo. State facendo il processo alla mia giovane collega, poverina, perché ha scritto una frase che non sta né in cielo né in terra e in questo avete ragione. Le è sfuggita, la chiamerei similitudine, un’enfasi se vuole, Cicerone era maestro di queste cose: non siamo in guerra, insomma, non solleviamo inutili questioni».
“Indagini condotte male”
Lovati non nasconde il disappunto: “Non ho gradito il capo d’imputazione. È ondivago, impedisce una difesa efficace. Non ho gradito il modo in cui sono state richieste le impronte, senza avvisarmi. E neanche le domande fatte alla madre di Sempio. Il gioco deve essere leale”.
Sull’alibi dello scontrino: “Ne ho trovato uno anche io del 3 marzo 2020 in casa Sempio. Li conservano, è tutto qui”.
“Fumo negli occhi”, chi è il killer di Chiara Poggi per Lovati
Post, cugine, rapporti con Chiara, il martello: “Fumo negli occhi”. Sull’assassino, l’avvocato Lovati ammette: “Un’idea ce l’ho, è stato un sicario, ma non la dico. Non ho prove”. E sul possibile mandante? “Anche lì, sì, ma me la tengo”. “Io voglio un decreto di archiviazione, non un processo. Farò di tutto per ottenerlo”.