
In un contesto internazionale segnato da tensioni sempre più evidenti e da un complicato gioco diplomatico tra Est e Ovest, torna al centro del dibattito la questione del luogo più adatto per ospitare eventuali trattative di pace. Non si tratta solo di geopolitica, ma anche di simboli, storia e identità culturali. In questo quadro, la proposta di alcuni attori internazionali di tenere negoziati di alto livello presso la Santa Sede ha suscitato una reazione piuttosto netta da parte di Mosca.
Il tema del possibile ruolo del Vaticano come sede per negoziati di pace riguardanti il conflitto in Ucraina si scontra infatti con una visione molto diversa da parte della Federazione Russa. La risposta non si è fatta attendere e arriva da una delle voci più autorevoli della politica estera di Mosca, che non ha mancato di sottolineare come la proposta sia ritenuta inadeguata dal punto di vista culturale e religioso.

Lavrov chiude la porta all’ipotesi vaticana
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha definito l’idea di tenere trattative presso il Vaticano “irrealistica e poco elegante”. Interpellato sull’eventualità di una mediazione ospitata dalla Santa Sede, il capo della diplomazia russa ha precisato: “Siamo un Paese ortodosso”, lasciando intendere che tale scelta sarebbe incongruente con l’identità spirituale e culturale della Russia.

Secondo Lavrov, la proposta non terrebbe conto delle sensibilità religiose e storiche che caratterizzano il Paese. Una posizione che va ben oltre le mere valutazioni strategiche, toccando corde profonde della visione russa del mondo e del proprio ruolo nel panorama internazionale. “Irrealistico e poco elegante”, ha ripetuto, evidenziando come un’eventuale sede per colloqui debba essere percepita come neutrale e rispettosa delle tradizioni delle parti coinvolte.
Sebbene il Vaticano abbia più volte espresso disponibilità a facilitare il dialogo tra le parti, trovando anche sostegno in ambito occidentale, Mosca sembra determinata a mantenere una certa distanza da questa proposta. La scelta delle parole usate da Lavrov appare significativa: l’accento posto sull’ortodossia religiosa sembra volersi contrapporre, anche simbolicamente, a una mediazione percepita come espressione di un mondo troppo distante, non solo geograficamente ma anche spiritualmente.
In un momento in cui ogni segnale diplomatico viene analizzato con attenzione, la dichiarazione del ministro russo chiude, almeno per ora, uno dei possibili canali di dialogo, confermando che la pace — se arriverà — dovrà passare da percorsi ancora tutti da costruire.