
Scott McTominay è il simbolo di una squadra rifatta dalle fondamenta: forza fisica, gol pesanti, e una nuova identità disegnata da Antonio Conte, vero architetto del miracolo azzurro.
7.5 Meret
La sua crescita non è più silenziosa, ma evidente. È diventato un riferimento costante tra i pali, reattivo nelle uscite, sicuro con i piedi, determinante nelle partite più tese. È il primo portiere nella storia del Napoli a vincere due scudetti da titolare, e non è un caso. Una stagione in cui la solidità difensiva comincia proprio da lui. Il contratto in scadenza è un nodo da sciogliere: perderlo ora sarebbe un rischio.
8 Di Lorenzo
Uomo simbolo, prima ancora che giocatore imprescindibile. La scorsa estate sembrava destinato all’addio, ma ha fatto un passo indietro per farne tre avanti con la squadra. Capitano carismatico, tatticamente adattabile: terzino, braccetto, leader. Sempre lucido, mai fuori tempo, si è caricato la squadra sulle spalle nei momenti difficili. La fascia sul braccio, oggi, ha un peso che va oltre i centimetri di stoffa.

8 Rrahmani
Quello che doveva essere un gregario si è trasformato nel pilastro centrale della retroguardia più forte d’Europa. Gioca con una regolarità impressionante e un’intelligenza tattica fuori dal comune. La sua capacità di gestire la linea, guidare i compagni e spegnere gli attaccanti avversari lo consacra come uno dei migliori difensori della Serie A.
7 Buongiorno
Gli infortuni ne hanno limitato l’esplosione, ma la sensazione è chiara: quando c’è, il Napoli cambia volto. A inizio stagione è dominante, ruvido ma elegante, aggressivo ma pulito. La sua presenza fisica e la personalità in marcatura lo rendono perfetto per il calcio di Conte. Se la tenuta atletica lo sosterrà, sarà una colonna per gli anni a venire.
7 Olivera
Ha giocato due stagioni in una sola, iniziando come esterno e finendo come centrale difensivo. Una metamorfosi che solo i giocatori intelligenti possono sostenere. Ha messo al servizio della squadra la sua esperienza internazionale, la grinta tipica dei sudamericani e una disciplina tattica cresciuta sotto la guida di Bielsa e completata con Conte. Quando serve, c’è sempre.

6.5 Spinazzola
Partenza incerta, con scorie fisiche e tattiche da smaltire. Poi ritrova brillantezza, corsa e fiducia. Diventa imprevedibile sulla fascia, contribuendo con un mix di esperienza e qualità. Il gol da ex alla Roma è un momento catartico, che ne riassume la rivincita personale. Conte lo rilancia, lui risponde con professionalità.
7 Juan Jesus
Una delle storie più belle dello scudetto. Doveva essere la riserva delle riserve, ma si è preso il campo con prestazioni solide e mature. Mai una parola fuori posto, sempre pronto a tappare buchi con efficacia, ha gestito la fase difensiva con lucidità anche nei momenti più complicati. Alla soglia dei 34 anni, è un esempio.
5.5 Rafa Marin
Le aspettative erano alte, forse troppo. Arrivato con il marchio del talento “Made in Real”, ha faticato a imporsi. Conte non lo ha mai realmente considerato un’opzione affidabile, e il campo lo ha visto poco. Una stagione che suona come un’occasione sprecata, ma anche come un punto di partenza per riflettere e ripartire altrove.
8.5 Anguissa
Se c’era un giocatore che sembrava non compatibile con il calcio verticalissimo di Conte, era lui. E invece diventa un gigante del centrocampo, reinventato in ogni ruolo e in ogni fase del gioco. Box to box, incursore, equilibratore, mette insieme 6 gol, 4 assist e una quantità incalcolabile di recuperi. È stato ovunque servisse.

7.5 Lobotka
Lo spartito è diverso, ma la sua musica resta uguale. Conte non lo snatura, anzi lo valorizza. Centrocampista pensante, play basso che detta i tempi e toglie pressione alla difesa. Non sbaglia mai la scelta e riesce a dare sempre sicurezza tecnica in una squadra che vive di transizioni rapide. Discreto e decisivo.
9 McTominay
Arrivato in punta di piedi, ha sfondato tutto con la forza di un uragano. Gol da attaccante, corsa da mezzala, tackle da mediano. Incarna tutto ciò che serve per vincere: fame, corsa, forza, adattabilità. I numeri parlano da soli: 13 gol e 4 assist, ma soprattutto una presenza costante nei momenti chiave. Il vero volto del Napoli di Conte.
6.5 Gilmour
Spesso in panchina, ma quando chiamato in causa è affidabile. Non è ancora pronto per guidare il centrocampo, ma dimostra di saper reggere il peso di alcune partite complesse. Ha visione, tocco e prospettiva di crescita. Servirà pazienza, ma il talento è lì.
6 Billing
Arrivato con poche luci e tanti dubbi, ha faticato a imporsi. Però il gol del pareggio contro l’Inter vale un pezzo di scudetto. Un’apparizione rapida ma significativa. Forse non basterà per restare, ma il ricordo resta.
7 Politano
Lavoratore instancabile, reinventato come esterno a tutta fascia. Rinato sotto Conte, che lo aveva bocciato all’Inter. Qui lo plasma, lo mette in campo e riceve in cambio corsa, gol, assist e spirito di sacrificio. Uno dei protagonisti silenziosi del trionfo.
7.5 Lukaku
Arriva tra i mugugni, parte in sordina, finisce da protagonista. Big Rom è ancora un fattore, quando il fisico lo sostiene e la squadra lo cerca. Segna 14 gol, ne regala altri 11, ma soprattutto gioca con continuità e disciplina. Il suo duello con l’autocritica l’ha vinto.
7.5 Kvaratskhelia
La sua seconda parte di stagione in Arabia non cancella quello che ha fatto prima. In 17 partite lascia dribbling, giocate, gol pesanti. Il Napoli lo saluta con gratitudine e un pizzico di malinconia. Talento puro.
6.5 Neres
Troppo fragile dal punto di vista fisico per incidere davvero. Ma quando sta bene, è un giocatore che fa la differenza, capace di saltare l’uomo e creare superiorità. Stagione da chiaroscuro.
8 Raspadori
Entra in campo sempre con lo spirito di chi vuole cambiare la partita. Ci riesce spesso, soprattutto nel girone di ritorno, dove segna gol decisivi e si guadagna la Nazionale. Umile, concreto, opportunista: è la riserva che ogni allenatore sogna.
9 Conte
La sua firma è ovunque. Non solo ha ricostruito una squadra smarrita, ma le ha ridato carattere, identità, ambizione. Con una rosa che non partiva favorita, ha costruito la miglior difesa d’Europa, motivato ogni singolo giocatore, ribaltato le gerarchie. Quando tutto sembrava perduto, lui ci ha creduto. E ha vinto. Di nuovo.